E alla fine hanno vinto i consumatori e i produttori agricoli. Origini trasparenti, genuinità, qualità superiore sono solo alcuni dei principi contenuti nel decreto legge licenziato dal governo italiano lo scorso 22 giugno in materia di latte fresco. Un “parto” sofferto quello che doveva riconoscere le linee guida per un’alimentazione sempre più improntata alla tutela del Made in Italy. Ma così, alla fine, è stato. Una lunga battaglia che le organizzazione di categoria, i consumatori e il mondo dei produttori avevano intrapreso e che, non solo ha consentito di ritornare ai dettami della vecchia normativa (la legge 169/1989), ma ha fatto passare il principio secondo cui il termine fresco non potrà essere utilizzato per il latte microfiltrato. Ma c’è di più. Sulle etichette poste sulle confezioni di latte, dovrà essere indicato anche il luogo di provenienza degli allevamenti di origine. Un vero sospiro di sollievo per i consumatori, che vedranno riconosciuto il diritto alla tracciabilità dei prodotti e per i produttori italiani che così vedranno riconosciuto il valore del proprio lavoro. "Con l’approvazione del decreto – ha dichiarato il ministro per le Politiche Agricole e Forestali, Giovanni Alemanno – si compie un passo fondamentale per un’etichettatura più vicina ai consumatori. Maggiore tutela per il latte fresco per il quale viene esclusa la possibilità di associare il processo di microfiltrazione al termine fresco, dopo che la Commissione Europea aveva imposto il principio di reciprocità tra gli altri paesi". Un vero e proprio dietrofront, invece, quello del ministero che, davanti al “muro contro muro” portato avanti da Bruxelles, con cui si rischiava di aprire il mercato italiano all’import di microfiltrato fresco non solo da tutti i paesi Ue ma anche dalla Turchia e dai Paesi dello spazio economico europeo, ha preferito ripristinare i principi contenuti nella vecchia normativa. Finisce così la breve esperienza di Fresco Blu, il latte che Parmalat avrebbe voluto utilizzare per ritagliarsi un nuovo mercato, mentre si rinnova la possibilità di un nuovo slancio per il pastorizzato e il latte alta qualità che potranno continuare a fregiarsi dell’appellativo fresco – in un momento in cui i consumi di latte fresco sono pericolosamente calati. Soddisfatte le associazioni di categoria. "Questo decreto – si legge in una nota della Confederazione Italiana degli Agricoltori – deve essere il primo passo per una nuova strategia politica a sostegno delle produzioni di qualità". "Ora è possibile scegliere e riconoscere senza inganni – afferma Paolo Bedoni, presidente Coldiretti – il Made in Italy alimentare di qualità", mentre grande apprezzamento è espresso anche da Confagricoltura. "Il decreto che prevede l’uso dell’aggettivo fresco riferito solo al latte pastorizzato e alta qualità – afferma Franco Cervelin, presidente di Frescolatte, l’associazione delle 20 imprese italiane del latte fresco – tutela l’intera filiera. Un provvedimento ottimo che garantisce la trasparenza per i consumatori che potranno così riacquistare fiducia in un intero settore produttivo".
Cristiano Pellegrini
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