Allevamenti rinnovati e gestiti con tecniche all’avanguardia, carni e latticini che offrono ancora di più in termini di sapore e sicurezza alimentare, produttori più forti sul mercato grazie alle certificazioni di qualità, consumatori ulteriormente garantiti sulla provenienza – e quindi sulla salubrità – di quanto finisce sulle loro tavole. E poi ancora, più attenzione per il benessere degli animali, così come per gli impatti ambientali della zootecnia e addirittura per i pascoli, considerati come un bene paesaggistico, da tutelare anche per quanto possono rappresentare per un turismo attento ai valori naturali e alle tradizioni. Tutto questo sarà reso possibile dal Piano zootecnico che la giunta regionale ha definitivamente licenziato nella sua riunione straordinaria a Bruxelles, con l’approvazione delle procedure di attuazione. In questo modo già nei prossimi mesi potranno essere attivati i primi bandi. Saranno oltre 31 milioni, senza contare i fondi nazionali per gli allevamenti equini, le risorse messe a disposizione di un settore che in questi anni ha dovuto registrare indubbie difficoltà. "Certamente le emergenze sanitarie che in questi anni hanno investito l’Europa hanno colpito la nostra regione meno che altrove, a dimostrazione dei livelli di qualità e di relativa fiducia dei consumatori già raggiunti dalle nostre produzioni – spiega l’assessore all’agricoltura Tito Barbini (nella foto) -. E’ indubbio però che la nostra zootecnia sta scontando diverse
difficoltà, legate anche all’andamento dei mercati internazionali, ad alcune carenze strutturali, alle necessità di investimenti non sempre sostenibili da piccoli allevatori. Sono difficoltà che vengono da lontano e che esigevano un nostro impegno specifico, robusto anche dal punto di vista finanziario. Sono convinto che questo piano ci metterà in condizioni di affrontarle nel migliore dei modi, nell’interesse sia dei produttori che dei consumatori, con la consapevolezza che lo sviluppo della zootecnia passa attraverso una maggiore qualità e non a dispetto di quest’ultima".
La situazione. Fin dalla sua prima elaborazione il piano zootecnico è stato accompagnato da una approfondita analisi del settore. I dati segnalano condizioni critiche, una situazione peraltro generalizzata, che non riguarda solo la Toscana. Molte le cause: le forti eccedenze produttive a livello comunitario ereditate da un passato caratterizzato dalla ricerca dell’aumento delle produzioni, le politiche comunitarie poco attente a settori tradizionalmente più poveri e meno competitivi (ad esempio l’ovi-caprino), le varie emergenze sanitarie come la Bse e la Blue Tongue, l’elevata età media degli allevatori e lo scarso ricambio generazionale negli allevamenti a conduzione familiare, i forti e a volte insostenibili costi richiesti dall’adeguamento a normative di tipo igienico-sanitario, l’abbandono della zootecnia a favore di altre attività agricole considerate più promettenti dal punto di vista della qualità delle vita. In Toscana il confronto tra i dati del censimento 2000 e quello del censimento 1990 è particolarmente eloquente. In 10 anni le aziende con allevamenti sul territorio regionale sono diminuite di circa il 30 per cento. I capi bovini si sono ridotti di 46 mila unità, gli ovicaprini di quasi 180 mila. Il quadro, in ogni caso, è più articolato ed esprime anche una forte tendenza alla razionalizzazione economica. Si sono drasticamente ridotte le aziende di piccole dimensioni (meno di 10 ettari), soprattutto se localizzate in zone decentrate e svantaggiate, mentre sono aumentate quelle più grandi, oltre i 50 ettari.
Il peso della zootecnia in Toscana resta in ogni caso notevolissimo. La produzione vendibile degli allevamenti rappresenta oltre il 23 per cento del totale agricolo, una percentuale che corrisponde a circa 413 milioni di euro.
"In questo contesto – spiega ancora Barbini – auspico che il piano possa creare nuove condizioni per evitare ulteriori contrazioni del patrimonio zootecnico regionale ma soprattutto per assicurare un ricambio generazionale nel settore. E questo con le stesse convinzioni che sono alla base della nostra idea di sviluppo rurale, ovvero che un settore produttivo si sostiene al meglio promuovendo un territorio nel suo complesso e difendendo non solo il reddito ma l’intera qualità della vita degli agricoltori".
Interventi e risorse. Il piano zootecnico partirà nella seconda metà del 2004. Il regime dei premi avrà una durata quinquennale e disporrà complessivamente di 31 milioni di cinque delle sei misure. Un’altra misura – che riguarda interventi specifici per lo sviluppo dell’ippicoltura – beneficerà delle apposite risorse che annualmente saranno assegnate alle Regioni dall’Unire. La prima misura prevede contributi per investimeni materiali ed immateriali nelle aziende di ovicaprini e di bovini da latte. L’erogazione dei contributi è subordinata alla presentazione di progetti organici che prevedano, ad esempio, l’introduzione di sistemi di tracciabilità, la stipula di contratti di filiera, l’adozione di marchi di qualità. In questo ambito si potranno sviluppare le valenze della zootecnia anche in chiave paesaggistica e turistica, in particolare con il mantenimento ed il miglioramento dei pascoli, anche attraverso l’erogazione di premi rapportati agli ettari. Con la seconda misura si punta a favorire l’aggregazione degli operatori economici sul terreno delle produzioni di qualità: i contributi serviranno a coprire le spese per costituire organismi associativi e consortili.
La terza e la quarta misura riguardano rispettivamente le attività di promozione e assistenza tecnica e gli interventi "agroambientali". Di particolare rilievo gli interventi a favore dell’avvicendamento colturale nell’ambito dell’agricoltura integrata. Per questa strada si risponde a diverse esigenze: il consolidamento del marchio Agriqualità per i prodotti di agricoltura integrata, la maggiore disponibilità di fonti proteiche vegetali (obiettivo di grande importanza dopo che la Bse ha sollevato la questione dell’uso delle farine animali e delle relative conseguenze), la tutela di varietà colturali che rischiano di scomparire.
La quinta misura riguarda l’ippocoltura e contempla l’anagrafe equina, il miglioramento genetico e delle condizioni sanitarie, la formazione ai mestieri legati al cavallo, la certicazione di qualità, le attività didattiche. Tutto questo con l’obiettivo di fare dell’ippicoltura toscana un punto di riferimento nazionale ed europeo.
Infine l’ultima misura comprende varie tipologie di interventi, dai monitoraggi sulla qualità del latte e sulle produzioni di mangimi alla realizzazione dell’anagrafe ovina, dallo smaltimento delle carcasse alle iniziative per ridurre i danni della "lingua blu", dalle azioni per il miglioramento genetico agli incentivi per la stipula di polizze assicurative. Il piano ha già avuto il via libera da Bruxelles ed è immediatamente operativo. Già questa estate uscirà il bando per la misura 1, quello relativa agli investimenti materiali ed immateriali in azienda.
Franco Cervelin