La Doc Matera è realtà. E’ stata infatti discussa ieri, 14 aprile, e approvata dalla Commissione tutela e valorizzazione vini del Ministero delle politiche agricole e forestali la proposta del disciplinare di produzione per il riconoscimento della denominazione di origine controllata per le produzioni materane. Una denominazione che copre i vini della città dei Sassi fino alla costa jonica (per una produzione annua di uva nel materano di 160mila quintali su una superficie vitata di circa 1600 ettari) e che rende merito ad un lavoro dei produttori improntato sulla qualità da ormai qualche anno.
“E’ finalmente arrivato un riconoscimento che aspettavamo con trepidazione – afferma con soddisfazione ad agricultura.it Michele Dragone, presidente dell’associazione viticoltori materani -, che ci ripaga di tanti sacrifici fatti in passato; adesso abbiamo una denominazione che identifica appieno il prodotto con il territorio di produzione. Inizia così una nuova era per i viticoltori della provincia di Matera, che adesso possono contare su uno strumento efficace per riqualificare le nostre produzioni nel mercato e creare valore aggiunto alle aziende”.
Nel disciplinare si evidenziano sei tipologie di Matera doc: Rosso, Primitivo, Moro, Greco, Bianco e Spumante, ed è fissata la composizione dei vitigni per ciascuna categoria di vini, le zone di produzione, le condizioni dell’ambiente, le norme per la vinificazione, le caratteristiche di consumo, di designazione, presentazione e confezionamento. Una crescita graduale per l’intera vitivinicoltura di questa parte di Lucania: “Un miglioramento che è partito anni fa con un’attenta fase di formazione professionale da parte dei produttori – sottolinea Dragone –, cercando inoltre di fare gruppo, per ottimizzare gli sforzi e le risorse verso obiettivi comuni. Il tutto accompagnato da ingenti investimenti, dal vigneto, con reimpianti ancora in corso, alla cantina. La viticoltura materana – aggiunge – ha subito, più che in altre aree, una profonda crisi negli anni ’70, quando era più facile e forse più comodo ottenere contributi per estirpare e reimpiantare, che investire realmente nel vino. Negli ultimi anni la realtà è completamente cambiata, siamo tornati alla tradizione (viti ad alberello-spalliera tipiche della zona lucano-pugliese), ed acquisito una nuova mentalità, portando in cantina tecnologie avanzate e conoscenze specifiche. Insomma, in un concetto, abbiamo cercato di capire se potevamo affrontare l’impresa della doc, prima di compiere scelte azzardate. Si apre così un nuovo capitolo della nostra storia improntato su un prodotto di qualità espressione di un territorio che fa della qualità, ambientale e del suo agroalimentare un punto di forza e di sviluppo”.
Lorenzo Benocci
Nella foto: Michele Dragone (a sinistra) brinda alla nuova Doc con Digiorgio, produttore di Scanzano Jonico