Un bilancio di assestamento, ma con una virata in campo positivo, per il Consorzio agrario interprovinciale di Bologna e Modena. Il Caip è per numeri e fatturato (valore produzione pari a 123,8 milioni euro) il secondo Consorzio agrario a livello nazionale (solo dopo il Consorzio agrario lombardo veneto), ed è al top italiano per lo stoccaggio di cereali. “Dopo dieci anni di sofferenze – dice ad agricultura.it il presidente del Caip Bologna Modena (in carica da tre anni) e presidente dell’Assocap (Ass. nazionale consorzi agrari italiani) Marco Pancaldi, – il bilancio è tornato di segno positivo grazie ad un piano triennale che ha puntato su una maggiore ricerca di efficienza, in particolare razionalizzazione del personale e delle risorse”. Un lavoro non facile dal momento che si tratta di una struttura imponente, ma i risultati positivi sono arrivati: “Adesso siamo di fronte ad un’azienda ricostruita e dalle grandi potenzialità. Abbiamo ancora segno negativo per i cereali, a causa però di investimenti di circa 16 milioni di euro per nuovi impianti di stoccaggio. Il percorso fino al 2010 sarà proprio quello di proseguire nella strada della razionalizzazione e riduzione dei costi, senza aumenti dei prezzi ai clienti e senza indietreggiare sul versante della qualità”. La cerealicoltura resta il cavallo di battaglia del Consorzio agrario: “In questo segmento (con 218mila tonnellate ritirate nel 2006 fra cereali e proteici ed una capacità di stoccaggio di 150mila tonnellate) il Caip rappresenta una realtà unica nel Nord Italia e dalle enormi potenzialità come gli investimenti fatti fanno presagire. Andiamo molto bene poi nel Garden, settore da 8 milioni di euro, l’assicurativo che vale 40 milioni e nel comparto carburanti”.
Qual è lo stato di salute attuale dei Consorzi agrari italiani?
Siamo ancora in un momento di empasse, con alcune realtà che restano commissariate, mentre una trentina di consorzi sono in una fase “in bonis”. Il problema in passato è che, probabilmente, i Consorzi sono stati “usati” dalla politica per accontentare qualcuno, e poi lasciati in balia di se stessi.
In tempi di emergenza siccità, l’Unione bonifiche Emilia Romagna, ha comunicato un dato allarmante: negli ultimi 15 anni l’agricoltura regionale ha perso 200mila ettari, come se le province di Rimini e Ravenna fossero scomparse. Che ne pensa?
Il nostro è un Paese molto piccolo rispetto alla vivacità che offre e alle persone che lo abitano, ed a pagarne dazio è soprattutto l’agricoltura. Ad un certo punto bisogna essere in grado di dire basta al cemento, all’urbanizzazione e alla trasformazione repentina del territorio. E’ necessario salvaguardare gli interessi dell’agricoltura e dell’ambiente, non solo gli interessi economici.
Le coltivazioni non food possono rappresentare un importante prospettiva per tutta l’agricoltura?
Sicuramente. Sarà necessario programmare le coltivazioni anche se non riguardano l’alimentazione. Buone prospettive per il biogas, già da tempo il Consorzio offre assistenza tecnica per impianti e consigli per le coltivazioni; e per i biocarburanti, con contrati di filiere per il biodiesel (soia e girasole).
Come vede il momento attuale dell’agricoltura italiana, dall’ottica dei Consorzi?
Sono ottimista per natura, quindi anche per il futuro del settore. Dal 2006 la ripresa sembra esserci stata, vedo aziende che hanno saputo confrontarsi sul mercato, con investimenti e produzioni di qualità che le hanno rese ancor più competitive. Accanto a queste però ci sono anche aziende stano aspettando la classica “manna dal cielo”, come in passato è avveniva in agricoltura. Ma oggi i tempi sono cambiati. Sarà sempre più necessario fare ricerca e innovazione, e puntare sull’origine dai campi all’etichetta, sul rispetto delle regole, e sulla difesa dagli ogm.
Nella foto Marco Pancaldi