Parola d’ordine, rilanciare le peculiarità dei vitigni autoctoni toscani, sangiovese in particolare, con un forte legame con il territorio di origine. E’ questo il primo input che giunge dal progetto triennale di selezione clonale su vitigni di interesse regionale (costo complessivo di 420mila euro), i cui primi risultati sono stati presentati all’azienda di Montepaldi (Fi). Il progetto è stato affidato nel 2003 dall’Arsia, l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo-forestale, tramite la procedura del bando pubblico di ricerca, ad un pool di istituzioni di ricerca coordinato proprio dall’azienda agricola di Montepaldi srl e dal Dipartimento di biotecnologie agrarie dell’università di Firenze.
«Valorizzare la qualità delle produzioni regionali – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia – è un’attività fondamentale nelle strategie di sviluppo rurale della Regione Toscana e rappresenta uno dei principali temi d’impegno anche per l’Arsia, che ha promosso progetti per 3milioni e 200mila euro (di cui 2milioni e 150mila, pari al 70%, a carico dell’Arsia) negli ultimi 10 anni per la ricerca in viticoltura, con risultati subito tangibili considerato il trasferimento immediato alle imprese. In questa prima fase del progetto sono state messe a punto le procedure sperimentali per ottenere materiale viticolo di elevata qualità ed in grado di garantire il successo dei nuovi impianti. Per raggiungere questo obiettivo – ha aggiunto Mammuccini – si è puntato sul riconoscimento ufficiale di standard qualitativi superiori attraverso l’attenta valutazione delle attitudini agronomiche, chimico-enologiche e sanitarie dei vitigni».Questo scenario in un momento in cui nella Toscana del vino continua a crescere la qualità (+ 15% di Docg e Doc negli ultimi 15 anni). Nel 1990 la superficie vitata, infatti, era di 70mila ettari (di cui 28mila a vini di Denominazione di origine e 42mil a Igt e vino da tavola), mentre nel 2004 (-8% superficie vitata) circa 65mila ettari (con 36mila ha. fra Docg e Doc, e 29mila fra Igt e vino da tavola). Inoltre dal 1997 al 2002 sono stati reimpiantati 11.375 ettari di vigneto. Da notare che in Toscana che in Toscana che ancora oggi circa il 36% dei vigneti hanno da 20 a 30 anni di età.«E’ necessario tornare ad una cultura della peculiarità del territorio – ha detto Mario Bertuccioli, coordinatore scientifico del progetto -, perché il mercato vuole essere protagonista nel riconoscere le differenze che i diversi prodotti sono in grado di offrire. Struttura e colore possono subire modificazioni nel tempo, l’importante è che venga mantenuta la loro riconoscibilità, i vini, in sostanza, devono essere uguali nelle proprie diversità. Negli ultimi anni si è registrato un appiattimento delle territorialità, che oggi vanno riconquistate. C’è da domandarsi: “Il mio territorio è questo, come enfatizzo il sangiovese che viene dal mio territorio?” Solo così possiamo recuperare dei modelli che possono essere utilizzati senza dare ricette particolari; il nostro compito è soltanto quello di mettere strumenti utili a disposizione dei produttori».«Il terroir – ha concluso Maurizio Boselli, Università di Firenze – come qualcosa da interpretare attraverso il vitigno il clone e le tecniche di gestione del vigneto. Nei territori di elezione la scelta di un opportuno clone di sangiovese è in grado di esprimere peculiarità di carattere qualitativo non riproducibili altrove, nella concezione di recuperare caratteri di tipicità interpretata con i moderni canoni qualità percepibile. Per esempio il prugnolo gentile, biotipo di sangiovese, può esprimere caratteristiche distintive solo se associato ad un territorio dell’area del Nobile di Montepulciano, come anche il sangiovese diventa fortemente connotato dal punto di vista sensoriale nelle aree di Montalcino o del Chianti Classico. E’ quindi il vitigno tradizionale che esprime meglio di altri le caratteristiche del territorio costituite da particolari suoli e microclimi».
Cristian Lamorte