Una vera task force a difesa della vite italiana contro il mal dell’esca. È quella messa in campo da ben quattordici Regioni ed una Provincia autonoma (Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Provincia Autonoma di Trento) per combattere e prevenire quello che è considerato un vero e proprio flagello per la nostra viticoltura, in grado di causare gravi danni alla qualità delle uve e fenomeni di deperimento in piante giovani, attaccando in periodi caldi e siccitosi così come in periodi freschi e piovosi. In particolare il danno subito dalla vite consiste in una riduzione annuale della produzione e soprattutto in una riduzione della sua longevità, ridotta ormai a 20-25 anni in caso di gravi attacchi (contro un’età media di vigneto di almeno 50 anni). L’operazione mal dell’esca è partita nello scorso novembre grazie ad un progetto di ricerca interregionale (costo totale 1.144.374 euro, di cui il 55% da contributo pubblico), le cui linee guida sono state illustrate a Firenze nel seminario organizzato da Arsia, agenzia della Regione Toscana per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo-forestale, e Università degli Studi di Firenze (Dipartimento di biotecnologie agrarie, sezione di patologia vegetale). La Toscana, tramite l’Arsia, è capofila delle Regioni che hanno presentato al Ministero delle Politiche agricole e forestali, nell’ambito delle iniziative previste dalla Legge 499/99 “Programmi interregionali” proposte per undici progetti di ricerca, tra cui una iniziativa sperimentale in vivaio e in campo per il contenimento del mal dell’esca della vite. Il bando emanato dall’Arsia (Regione Toscana ha il coordinamento per la ricerca nel settore vitivinicolo) – che ha visto vincitore il progetto presentato dal Dipartimento di Biotecnologie agrarie dell’Università di Firenze, e che coinvolge 12 istituzioni scientifiche italiane – trova il suo punto di forza proprio in questa intensa attività di concertazione e collaborazione fra enti, dipartimenti universitari, del ministero, del Cnr, vivaisti e viticoltori distribuiti su tutto il territorio nazionale. «La finalità del progetto – spiegano i tecnici dell’Arsia – è quella di garantire la sanità dei tralci prelevati da piante madri e la messa in commercio di barbatelle sane, nonché la messa a punto di una strategia di lotta efficace, sia in vivaio che in campo. Il progetto vuole inoltre fornire agli operatori del settore un pacchetto codificato di informazioni necessarie per una corretta gestione colturale e fitoiatrica delle operazioni in vivaio e in campo volte a prevenire, o quanto meno ridurre a livelli compatibili con la produzioni, il rischio di mal dell’esca e altre malattie correlate. I risultati della ricerca, saranno poi divulgati nei quattro anni di durata del progetto, attraverso seminari, convegni, un sito web ed una pubblicazione conclusiva. Tematiche come quella del mal dell’esca non possono insomma restare solo a dimensione regionale, ma hanno bisogno di un lavoro che unisca professionalità, istituzioni, enti privati diversi, per ottenere un risultato unico basato su un approccio interdisciplinare». Dopo la redazione di un protocollo per la diagnosi rapida (funghi presenti nei tralci di piante madri e nelle barbatelle di vite) «il progetto – sottolinea il professor Giuseppe Surico, dell’Università di Firenze e coordinatore scientifico del progetto interregionale – prevede l’individuazione delle fonti di inoculo esterne al vigneto; quindi l’individuazione e l’adozione delle tecniche necessarie per produrre in vivaio materiale di propagazione sano. Altrettanto fondamentale sarà organizzare una strategia preventiva di lotta, a basso impatto ambientale, in vivaio e nei vigneti, ed infine, il collaudo ed il trasferimenti dei risultati. Se si riuscirà a raggiungere questi obiettivi – conclude Surico – attraverso varie azioni di ricerca, potremo avviare concreti piani di risanamento della viticoltura italiana dal mal dell’esca».
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