Quarantacinque aziende di acquacoltura di acqua dolce, salina e salmastra; due moderni impianti per la maricoltura; un impianto per l’allevamento di ostriche e un impianto per la riproduzione e l’allevamento di specie ornamentali. Con una produzione annua, pari ad oltre 4mila tonnellate, che proviene per il 68 per cento da allevamenti di specie di mare e per il 29 per cento da specie di acqua dolce. Sono i numeri di una regione, la Toscana, all’avanguardia in Italia e in Europa per l’acquacoltura, e che mostra forti potenzialità e una strategia basata sulla crescita qualitativa e sulla creazione di valore, come dimostra la crescita del peso dei consumatori ‘attenti’ e la percezione del pesce come alimento salutistico e di alto pregio gastronomico. Obiettivi di un’acquacoltura sostenibile e di qualità quelli che insegue la Regione Toscana che, all’indomani di una situazione di mercato difficile che aveva visto le produzioni toscane subire un’improvvisa concorrenza di prodotti esteri in un contesto di scarsa trasparenza del mercato, ha approvato la legge regionale 33/2000, affidata all’Arsia, l’agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo e forestale, per quanto concerne la titolarità delle azioni di ricerca, la formazione, l’assistenza tecnica e la divulgazione nei confronti degli operatori del settore secondo le linee di intervento dettate da un programma triennale approvato dal Consiglio regionale. E proprio in occasione di Aqua 2006 (Firenze, Fortezza da Basso), l’Arsia ha presentato un dvd dedicato all’acquacoltura regionale, realizzato in collaborazione con la Regione Toscana e la ricerca sugli scenari produttivi e commerciali per l’acquacoltura toscana realizzata da Gianluca Brunori dell’Università di Pisa.
«Coerentemente con la propria missione e con gli obiettivi della legge – ha sottolineato l’amministratore Arsia, Maria Grazia Mammuccini – l’Arsia ha imperniato la propria azione su un concetto di competitività che dalla sostenibilità ambientale e dalla qualità del prodotto trae i propri punti di forza attraverso la strategia della “creazione di valore”, che offre ai consumatori vantaggi chiaramente riconoscibili nel prodotto e per i quali essi sono disposti a pagare una differenza di prezzo».
L’Arsia ha contribuito in questi anni alla costruzione di un “sistema delle conoscenze” organizzato, che consente di far circolare velocemente le informazioni, raccoglie con tempestività la domanda di ricerca ed è in grado di produrre una ricerca che, grazie ad uno stretto rapporto tra ricercatori e produttori, garantisce una più tempestiva ed efficace creazione di innovazione e la sua integrazione nel sistema produttivo. «Questo è stato possibile – ha aggiunto Mammuccini – grazie a due strumenti oggi pienamente operativi, come il tavolo di filiera e il bando di ricerca. Il primo, a cui partecipano i rappresentanti del mondo economico, sociale e scientifico toscano di volta in volta individuati secondo le tematiche dibattute, è finalizzato a individuare la domanda di innovazione, direttamente o attraverso le segnalazioni di interesse. Il bando di ricerca, richiede invece la creazione di un gruppo di ricerca interdisciplinare, l’obbligatoria partecipazione dei soggetti imprenditoriali nonché una compartecipazione finanziaria da parte di tutti i partecipanti». L’Agenzia è così intervenuta su tre linee tematiche principali: la salvaguardia ambientale, che ha visto il finanziamento di 8 progetti dal 2002 al 2005 per un importo totale di 554mila euro; l’innovazione tecnologica e diversificazione delle produzioni, con il finanziamento di 17 progetti dal 2001 al 2006 per 1.114.000 euro; e la qualità delle produzioni, in cui sono stati finanziati 6 progetti dal 2001 al 2005 per 305.800 euro. La Regione Toscana attraverso l’Arsia ha inoltre finanziato programmi di assistenza tecnica e di formazione ed altre attività di supporto e consulenza specialistica (attività trasversali) rivolte a tutte le fasi della filiera, per un importo complessivo di 278.400 euro. Grazie a queste azioni il sistema produttivo toscano si è posizionato in modo estremamente favorevole nel panorama produttivo e di mercato. La partnership con la Grande distribuzione organizzata da parte di un consistente e significativo numero di imprese garantisce un costante adeguamento alle condizioni di qualità e di sicurezza richieste dal mercato. «Oggi il sistema produttivo toscano – ha concluso Mammuccini – può puntare in modo realistico ad un progressivo avvicinamento, agli occhi dei consumatori, del prodotto di allevamento a quello pescato, che finora gode di una reputazione incontrastata. Obiettivi strategici dell’Arsia continueranno ad essere quelli della crescita qualitativa, sviluppando le conoscenze sulla riduzione di residui e sulle caratteristiche organolettiche, continuando la ricerca sui processi a basso impatto ambientale, e valorizzando, attraverso la promozione di marchi di qualità e di certificazioni, uno sviluppo della lavorazione del prodotto fresco, la diversificazione produttiva e la ricerca di sinergie con altre attività del territorio, prima di tutti il turismo e la ristorazione»
La ricerca Arsia e risultati ottenuti nelle varie specie di interesse
Diciassette i progetti di ricerca realizzati dall’Arsia in seguito alla legge regionale 33/2000, che hanno interessato gli allevatori toscani puntando sulla diversificazione produttiva. Questi i principali per risultati e innovazioni raggiunte :
Ombrina boccadoro (Argyrosomus regius) – Specie oggetto di due ricerche con risultati ottimi. E’ infatti allevata in alcuni allevamenti di Orbetello in quantità consistenti, tanto da soddisfare il mercato della Gdo, in quanto i consumatori non sono ancora educati ad acquistare pesci “nuovi” e sono legati al consumo dei pesci tradizionalmente allevati in acquacoltura (spigola ed orata). Gli allevatori, cercano nuovi sbocchi commerciali come la produzione di affumicati e ,con taglie a peso da 4Kg a 6Kg), la produzione di porzioni per il consumo crudo del pesce (es. sushi).
Sogliola (Solea solea) – Due ricerche che hanno definito le tecniche per la riproduzione in cattività, l’allevamento paralarvale, larvale fino alla produzione di avannotti pronti per l’ingrasso (i risultati sono stati parzialmente divulgati in vari incontri scientifici).
Polpo (Octopus vulgaris) – I due progetti di ricerca hanno evidenziato una grande difficoltà nell’allevamento di tale specie in cattività; tale ricerca ha un risalto a livello internazionale, essendo “in competizione” con altri due gruppi di ricerca (Spagna e Giappone) che, al momento, non hanno raggiunto i risultati ottenuti dal gruppo di ricerca promosso dall’Agenzia. La ricerca ha permesso di ottenere la cattura e la gestione dei riproduttori, la maturazione sessuale, la conseguente produzione di uova e l’allevamento delle paralarve e larve fino a 60 giorni di età.
L’allevamento delle Ostriche nella Laguna di Orbetello – Si tratta dell’unico allevamento presente nel territorio regionale. Le innovazioni hanno portato alla introduzione della tecnica di allevamento con poches (sacchetti) e la realizzazione di una macchina agevolatrice per il sollevamento, la pulizia e la selezione delle ostriche all’interno dei sacchetti.
L’allevamento dei mitili in mare – Risultati positivi per la prima esperienza realizzata in Toscana che ha permesso la cattura del seme e l’ingrasso in mare aperto di mitili di buona qualità. E’ stata realizzata inoltre una esperienza di ingrasso di mitili, catturati in mare aperto, all’interno della laguna di Orbetello che ha permesso di ottenere Mitili con una maggiore velocità di crescita, una maggiore uniformità di prodotto.
Valutazione dell’impatto sull’ambiente marino di gabbie di allevamento off-shore nel mare Toscano – Premesso che l’allevamento off-shore è l’unica strada percorribile in Toscana per incrementare l’attività di acquacoltura, oggi esistono solo due allevamenti, uno a Porto Ercole ed uno all’Isola di Capraia. Lo sviluppo dell’allevamento off-shore è ostacolato dalla diffidenza degli enti locali a dare permessi alla localizzazione delle gabbie a mare per gli allevamenti. Lo studio affidato dall’Agenzia all’ARPAT aveva come obiettivo la valutazione dell’impatto ambientale di tali allevamenti. I risultati sono stati positivi, infatti non sono stati riscontrati danni alle praterie di posidonee sottostanti o presenti nelle vicinanze delle gabbie a mare.