A tavola vince la tradizione. “Dieta mediterranea” (pasta e pane gli alimenti preferiti), ma anche prodotti tipici e di qualità, con le Dop (Denominazione d’origine protetta) e le Igp (Indicazione geografica protetta) in forte crescita. Così gli italiani orientano la loro alimentazione e indirizzano i consumi verso un cibo sempre più sano ed equilibrato. La fotografia che emerge dall’Annuario statistico 2006 dell’Istat -commenta la Cia -Confederazione italiana agricoltori- mette in evidenza un consumatore sensibile ai contenuti salutistici, alle tematiche etiche e ambientali, attento alla tipicità e agli aspetti culturali e tradizionali dell’alimentazione. Nonostante le difficoltà di carattere economico, gli italiani -sottolinea la Cia- non hanno abbandonato le loro abitudini, pur riducendo i consumi (in particolare le persone con un reddito inferiore ai 2000 euro al mese, praticamente il 61,/7 per cento della popolazione). Tuttavia, emerge chiara la propensione alla scelta di alimenti non solo per i prezzi più bassi, ma anche e soprattutto per la qualità. Il quadro delineato dall’Istat -afferma la Cia- è quello di un modello alimentare, nel nostro Paese, dove continua ad essere diffuso il pranzo consumato in casa (74,8 per cento della popolazione). La dieta è basata principalmente sui cereali: pane, pasta e riso, prodotti che l’87,1 per cento della popolazione consuma almeno una volta al giorno. Diffuso -ricorda la Cia- è anche il consumo di frutta e verdura che, però, negli ultimi anni, ha fatto registrare accentuate flessioni. In Italia chi mangia più prodotti ortofrutticoli sono, però, gli anziani (circa il 90 per cento ne consuma almeno una volta al giorno), mentre tra i bambini e i giovani (3-25 anni) la quota di consumo giornaliero scende al 70 per cento. Anche rispetto alle quantità assunte quotidianamente di frutta e verdura sono sempre i bambini e i giovani che ne consumano di meno nei confronti di adulti e anziani. La tipicità e qualità -sostiene la Cia- sono, comunque, elementi che negli ultimi anni hanno sempre più attratto gli italiani. Così si è avuto un aumento consistente di questi prodotti, in particolare quelli a denominazione d’origine, Dop e Igp. Alcuni dati lo confermano chiaramente. Nei primi sette mesi del 2006 -rimarca la Cia- c’è stata una crescita degli acquisti al 6,8 per cento rispetto all’analogo periodo del 2005, con un fatturato al consumo che supera i 6 miliardi di euro. La Cia rileva che i prodotti italiani tipici e tradizionali sono più di 4 mila, mentre quelli a denominazione d’origine riconosciuti dall’Ue sono 155, il 21,8 per cento del totale di quelli europei (711 prodotti). Primeggiamo in Europa precedendo la nostra rivale storica in gastronomia, la Francia, che ha il 20,8 per cento, mentre gli altri paesi sono distanziati in maniera notevole. Ai primi posti troviamo il Portogallo e la Spagna Gli aumenti più marcati negli acquisti domestici di prodotti tipici e a denominazione d’origine -sottolinea la Cia- sono stati conseguiti dai formaggi (più 6,9 per cento) ) e dai salumi (più 4,7 per cento) e dai prosciutti (più 3,8 per cento) e dagli oli extravergini (più 2,5). Dati che dimostrano che le famiglie italiane, dopo la flessione del 2003 (meno 4,4 per cento) e i lievi aumenti del 2004 (1,1 per cento) e del 2005 (più 2,2 per cento), sono tornate ad acquistare in maniera consistente prodotti agroalimentari tradizionali, legati al territorio e alla cultura mediterranea. Per quanto riguarda le singole categorie di prodotti tipici e a denominazione di origine, la spesa -sostiene la Cia- è così ripartita: 65 per cento i formaggi, 16 per cento i salumi, 18,4 per cento i vini, 0,3 gli oli extravergine d’oliva, 0,3 gli altri (ortofrutticoli, pane, miele). La Cia evidenzia che gli acquisti di tali prodotti sono concentrati per il 65,5 per cento negli iper e supermercati, il 18,5 nei negozi tradizionali e il 16,0 per cento negli altri canali di vendita. I prodotti agroalimentari tradizionali -conclude la Cia- rappresentano un biglietto da visita dell’agricoltura italiana di qualità e sono regolamentati dal decreto del 18 luglio 2000. Per i prodotti tradizionali agro-alimentari, insieme ai prodotti Dop e Igp, ai vini Doc e Docg e i Igt, si usano materie prime di particolare pregio e sono oggetto di particolare attenzione da parte dei governi locali, regionali, nazionali e dell’Unione europea.
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