Produzione di biocombustibili (idrogeno e biodiesel), di molecole bioattive e depurazione delle acque. Sono le nuove frontiere dello sfruttamento delle microalghe. Questi studi, ancora in fase sperimentale, potrebbero permettere di raggiungere risultati straordinari nella lotta a uno dei mali del terzo millennio: l’inquinamento dell’ecosistema. E’ il quadro emerso ieri a Firenze nel corso della giornata di studi promossa dall’Accademia dei Georgofili la “Coltura massiva delle microalghe. Il contributo della scuola fiorentina”. La Toscana, e Firenze in particolare, recitano un ruolo di protagonisti assoluti in questo settore grazie al gruppo dei “micro-algologi” fiorentini, nato cinquanta anni fa, che oggi lavora in due istituzioni: il Dipartimento di Biotecnologie Agrarie dell’Università di Firenze e l’ISE, Istituto per lo Studio degli Ecosistemi, del CNR.
“Nel 1956, grazie al professor Gino Florenzano, siamo stati i pionieri in Europa in questo settore di ricerca – ha spiegato Massimo Vincenzini del Dipartimento di Biotecnologie Agrarie – e ad oggi teniamo il passo con il resto del mondo, Usa e Giappone compresi, nello studio delle microalghe e dei cianobatteri”. Un gruppo di scienziati quindi che ha una lunga e prestigiosa tradizione alle spalle, oltre 500 le pubblicazioni fatte, e che nel 2006 continua a portare avanti importanti progetti di ricerca. “In questo momento – ha detto Vincenzini – siamo impegnati nello studio delle possibili applicazioni dei microrganismi fotosintetici in vari settori industriali. I nostri microrganismi si riproducono con la luce, una fonte inesauribile, e possono rappresentare quindi una risorsa largamente rinnovabile di fonti energetiche, di materie prime per l’industria alimentare, chimica e farmaceutica”.
La coltura in massivo delle microalghe può anche essere applicata nei trattamenti di biorisanamento. “Il progetto di ricerca Biogalv, finanziato dalla Regione Toscana – ha spiegato Vincenzini – è destinato alla depurazione di acque industriali molto inquinate, che contengono metalli pesanti come ad esempio il cromo. Questi microrganismi in pratica assorbono il metallo, lo incorporano nelle cellule e non essendo così più disciolto nell’acqua, ma particolarizzato, diventa quindi più facilmente separabile”.
Nei laboratori delle Cascine a Firenze professori e ricercatori stanno anche testando nuovi sistemi di coltura delle microalghe, non più in vasche, ma in dispositivi chiusi come colonne e tubi di varia geometria che offrono vantaggi fondamentali: lo sfruttamento migliore della luce che arriva ai microrganismi da più direzioni e l’orientabilità. Studi che grazie anche alla collaborazione con varie aziende hanno portato alla realizzazione di molti brevetti e di uno spin-off dell’Università degli Studi di Firenze.
Alla giornata di studio, promossa dall’Accademia, ha partecipato anche il professore israeliano Sammy Boussiba della Ben Gurion University con una relazione dal titolo molto significativo: “La biotecnologia delle alghe da Firenze a Israele e ritorno” che indica l’importante ruolo svolto dalla Toscana in questo settore. “Con Israele – ha spiegato Vincenzini – abbiamo da diversi anni una proficua collaborazione di ricerca. Nella zona di Sede Boker, dove sono stati realizzati impianti produttivi di grande dimensione, vengono spesso verificate e validate su ampia scala le applicazioni più promettenti.
Il nostro è un lavoro appassionante, coinvolgente, e per il quale siamo profondamente riconoscenti a coloro che cinquanta anni lo hanno avviato.
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