FIRENZE – La nostra agricoltura ha davvero bisogno degli Ogm? E per nostra intendiamo quella dell’agricoltore del Burkina Faso, così come del contadino delle Langhe, dell’India o della foresta amazzonica. Ma la risposta è sempre la stessa. Ne possiamo fare a meno.
Grottesca e nello stesso tempo drammatica, perché replicabile ovunque, è la storia del signor Schmeiser (nella fato con Vandana Shiva), agricoltore canadese ospite alla due giorni fiorentina dell’agricoltura, che ha avuto la fortuna, si fa per dire, di essere confinante con un appezzamento della Monsanto, la megamultinazionale delle sementi geneticamente modificate.
Risultato: produzioni totalmente (il 100 per cento) contaminate dagli Ogm del colosso Usa. Ma il particolare forse più grave è che essendo le sue produzioni ormai ogm e, il brevetto di esclusività della Monsanto, ecco che secondo la legge dello stato, anche le produzioni di Schmeiser passono di proprietà alla Monsanto. Sembra incredibile ma la stessa cosa è accudata a centinaia di piccoli agricoltori. Nei giorni scorsi, abbiamo incontrato, un grande personaggio della cultura italiana, che negli ultimi tempi si sta battendo per una democrazia alimentare e per un’agricoltura più etica ed a dimensione umana, Mario Capanna, che proprio nelle settimane scorse ha presentato un manifesto che definisce “l’agroalimentare come cuore strategico dello sviluppo”.
Non solo dell’agricoltura. “Bisogna rimettere l’agricoltura al suo posto vero – dice -, al posto che gli compete, ovvero al centro dello sviluppo della società. Gli organismi geneticamente modificati non interessano, è dimostrato, anche perché sono sconvenienti economicamente. Se noi ci confrontassimo con la Cina sulla quantità andremmo incontro ad una sicura sconfitta, quindi bisogna ridurre e puntare esclusivamente sulla qualità. L’unico modello di sviluppo agricolo è rappresentato dalle produzioni genuine: questo vale per l’Italia, ma anche per l’Europa e per il Terzo mondo. Insomma, ci vuole una globalizzazione alternativa a quella attuale, una globalizzazione che valorizzi le diversità”.
E il lavoro del manifesto andrà avanti. “Soddisfazione – aggiunge Capanna – nel vedere uno schieramento trasversale grandissimo a supporto del manifesto; adesso è necessario proseguire. Nei giorni scorsi ho incontrato il presidente Prodi, con cui dovremmo aprire un dibattito dove cittadini e categorie saranno chiamate a discutere. Il manifesto è insomma il frutto di una nuova visione: in Italia già 14 regioni e 3.000 comuni hanno detto no agli Ogm, il nostro paese può esercitare un ruolo primario anche a livello europeo, dove aumentano le regioni che si dichiarano libere da Ogm”.
I cipressi di San Quirico d’Orcia
E per finire una curiosità, che come per il caso dell’agricoltore canadese, sembra irriverente. Avete presente la famosa “corona” di cipressi simbolo della Val d’Orcia, una fra le immagini più usate e sfruttate nel mondo? Pensando a quel territorio non ci viene in mente la stessa agricoltura di qualità che ci raccontano i vari Jose Bovè, Vandana Shiva e Mario Capanna?
La stessa immagine, che a questo punto andrebbe forse tutelata, è piaciuta proprio ad una multinazionale che con le modificazioni genetiche ha una certa familiarità. Indovinate chi? Si, proprio la Monsanto, in questo caso la Monsanto Italia che “da oltre 30 anni – come si legge nella home page del sito – è a fianco degli agricoltori per aiutarli ad ottenere dalla loro terra sempre di più e sempre meglio”. Incredibile? Cliccare per credere.
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