Firenze – “In Italia ci sono 1.492 esportatori di agrumi iscritti all’Ice, l’Istituto per il commercio estero, in Spagna soltanto uno. Così ci hanno scalzato dal mercato tedesco. Non certo perché i nostri tarocchi siano inferiori delle loro arance Washington. E in Italia meridionale il 35 per cento del mercato è detenuto dall’ambulantato, un quota superiore perfino alla grande distribuzione organizzata. Considerato che il mercato a livello mondiale tende a concentrarsi, ecco che tutto questo diventa drammatico”. Un campanello d’allarme quello suonato dal ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro, oggi a Firenze per la conferenza regionale dell’agricoltura.
Stato di salute del made in Italy – Insomma, secondo il ministro, la frammentazione delle aziende italiane, piccole e piccolissime, abbinata alla poca capacità commerciale di essere presenti sugli scaffali di tutto il mondo portano al gap più grande che l’agroalimentare nazionale deve subire all’estero. “Ad esempio – ha ricordato – l’uva da tavola parte da Taranto, arriva al mercato di Milano, quindi viene smistata al mercato ortofrutticolo di Napoli e infine finisce sui banchi della frutta di Bari, un’assurdità”. Aggregazione sembra essere la parola d’ordine: ci sono 524 cooperative che producono Parmigiano Reggiano, “ma se non si mettono insieme – ha aggiunto il ministro – non ci arriveranno mai nel mercato Usa”. De Castro è giunto nel capoluogo toscano direttamente dagli States dove, fra gli incontri, ha verificato lo stato di salute del Made in Italy oltreoceano. Un dato è oltremodo confortante: nel 2006 è di 2miliardi e 400milioni di euro il valore dell’export agroalimentare italiano in Usa, 1 milione è vino. “Possiamo vincere con molti prodotti e mercati di tutto il mondo – rimarca De Castro – così come vinciamo con il vino, segmento che vede la Toscana protagonista. Ma è necessario che il modello dei consorzi del vino e delle cantine sociali venga esportato anche al resto dell’agroalimentare, ovvero creare grandi consorzi dell’export per proporsi alla grande distribuzione. Bisogna essere più forti sul versante commerciale, essere presenti sugli scaffali di tutto il mondo”. E negli Stati Uniti il ministro, come ha ricordato, ha potuto verificare di persona quanto sia diffuso il fenomeno delle agropiraterie, dove 9 prodotti italiani su 10 sono piratati. “E’ necessario lavorare di più dal punto di vista delle tutele – ha sottolineato -, partendo dal WTO per poter estendere le tutele ai marchi Dop, Igp, Stg a livello internazionale. Ma mentre facciamo questa battaglia, difficilissima perchè abbiamo molti paesi contrari, dobbiamo lavorare di più per i diversi mercati per promuovere i nostri prodotti.
Battaglia all’agropirateria – Se tanti prodotti italiani sono copiati nel mondo è segno di una grande attenzione verso il nostro paese e una grande domanda di prodotti italiani. E se il consumatore americano, così come quello giapponese, non trova sugli scaffali il prodotto italiano ma trova l’imitazione, comprerà l’imitazione”. Per De Castro l’agropirateria deve essere però una battaglia europea, “in Spagna hanno gli stessi problemi” – ha detto. Ma è la Pac che non trova tutti d’accordo, soprattutto con l’Europa a 27: “Ci sono grandi divergenze – ha ammesso – i nuovi entrati, vogliono la Pac che abbiamo avuto noi per 40-50 anni. Come non dargli ragione? E con l’ingresso prossimo di Romania e Bulgaria i paesi” nuovi” rappreenterenno 7 dei 12 milioni di agricoltori europei”.
Nella foto da sinistra l’assessore Cenni e il ministro De Castro