Acquacoltura toscana più attenta all’impatto ambientale. E poi una maggiore qualità delle produzioni che passa attraverso la ricerca e l’innovazione. Sono queste le linee guida per il futuro del settore, secondo quanto è emerso dal convegno organizzato da Arsia che si è tenuto a Grosseto, che ha presentato i risultati di una serie di ricerche per elevare la competitività delle imprese ittiche regionali. 5mila tonnellate prodotte annualmente (erano 1500 nel ’93). 30 allevamenti di acqua dolce per 1400 tonnellate prodotte, in particolare trote; e 3600 tonnellate di produzione (spigole per il 60% del totale, poi orate e anguille) provenienti dai 13 allevamenti di acqua marina, per un comparto che vale 25milioni di euro. La Toscana rappresenta il 7 per cento dell’acquacoltura nazionale, e il 20 per cento del segmento di acqua dolce.
"L’acquacoltura è un settore strategico per la Regione Toscana – ha ricordato l’assessore regionale all’agricoltura Susanna Cenni -, ma senza il ruolo dinamico della ricerca e del trasferimento dell’innovazione non c’è futuro. Dal 2000, anno in cui la Regione si è dotata di una specifica legge, la Toscana ha lavorato nella giusta direzione: una serie di interventi a carattere regionale hanno apportato un ammodernamento strutturale alle
nostre imprese per renderle più competitive, sono nate nuove unità produttive ed è migliorata la qualità complessiva delle produzioni".
Fra gli strumenti adottati e ricordatidall’assessore Cenni il Fondo europeo
per la pesca (Sfop) che ha finanziato progetti per 11 milioni di euro, che hanno portato all’attivazione di investimenti da parte delle imprese per oltre 20milioni di euro, di cui il 30 per cento proprio nel settore acquacoltura toscana, pari a 25 progetti finanziati per circa 7 milioni di euro, che hanno incrementato di 1000 tonnellate la produzione complessiva.
Per il periodo 2007-2013 verrà attivato il nuovo Fondo europeo per la pesca (Fep) che porterà nuove risorse – almeno altrettante – al settore. E dalla legge regionale sono previste ulteriori fondi, per 1 milione e 400 mila euro all’anno, di cui 1milione e 100mila gestiti dalle Province, per interventi strutturali al settore. Inoltre, ha sottolineato l’assessore regionale: "sarà necessario investire in comunicazione nei confronti del consumatore finale, estendendo anche ai prodotti dell’acquacoltura il marchio
Agriqualità della Regione Toscana". Prioritaria, per lo sviluppo coerente e dinamico del settore, è una maggiore attenzione ambientale. "Anche in acquacoltura – precisa Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia – è indispensabile una gestione ambientale
sempre più oculata nel rispetto dei territori. Il lavoro dell’Agenzia, in linea con quanto previsto dalle leggi regionali, 33/2000 e 66/2005, ha
individuato azioni di ricerca e sperimentazione attraverso specifici tavoli tecnici di filiera a cui hanno preso parte il mondo produttivo regionale,
centri di ricerca e università italiane, oltre al Cirspe (Centro italiano ricerche e studi per la pesca) e all’Istituto zooprofilattico di Lazio e
Toscana. Le ricerche si sono indirizzate sulla salvaguardia ambientale, sulla qualità delle produzioni e sulla diversificazione produttiva".
Fra i risultati delle ricerche indicazioni importanti per quanto riguarda l’approccio verso il consumatore. Il prodotto toscano si colloca in un segmento di mercato medio alto, ma il consumatore non percepisce completamente la qualità del prodotto e non lo associa all’area di
produzione. Per questo sono state indicate, fra le azioni possibili per l’esatta collocazione sul mercato, una maggiore informazione nei confronti dei consumatori; ma anche, politiche per ottimizzare l’economia di scala, e
incentivare forme di integrazione fra operatori e creare un coordinamento di filiera "regionalizzando" alcuni processi, come ad esempio la distribuzione.
Ma è indubbio – secondo quanto è emerso – che il pesce toscano abbia raggiunto ormai una qualità elevata che garantisce al consumatore, gusto, freschezza e salubrità. E non a caso sono state avviate le pratiche per la
certificazione di prodotto a livello comunitario (l’Igp per la spigola di Orbetello). Per essere competitivi sul mercato la diversificazione delle
specie va sempre più verso l’introduzione di saraghi, sogliole, rombi, ricciole, polpi che entreranno nel mercato, oltre all’ormai già diffusa ombrina boccadoro.
Individuate poi tecniche per la depurazione delle acque reflue degli impianti, sia attraverso la realizzazione di bacini di lagunaggio, aree per
il ricircolo delle acque, e sia attraverso le capacità depurative di due "speciali" alghe che permettono l’abbattimento dell’azoto e del fosforo, provenienti dall’alimentazione dei pesci.
L’acquacoltura Toscana, dove e quanto
Nata negli anni Settanta, si è sviluppata velocemente l’acquacoltura in Toscana. Oggi sono presenti 30 allevamenti di acqua dolce per una produzione
annua di 1400 tonnellate, prevalentemente trote allevate nelle aree pre-appenniniche. Commercializzazione che interessa soprattutto i molti laghetti di pesca sportiva e per il ripopolamento dei corsi d’acqua. Solo il
25 per cento arriva sui banchi della grande distribuzione organizzata. E’ Lucca la provincia regina degli allevamenti di acqua dolce con 22 per una produzione di 1100 tonnellate; quindi Arezzo (4 all. e 100 t.); Massa Carrara (2 e 200 t.); Pistoia (2 e 100 quintali). Sono 13 invece le aziende che operano nei 3 allevamenti di mare, per una produzione annua di 3600 tonnellate. L’acquacoltura che utilizza in prevalenza acque marine e salmastre è presente lungo la costa nelle province di Livorno, con 3 aziende, 2 allevamenti e 800 tonnellate; e Grosseto con 10
aziende e 1 allevamento per 2800 tonnellate prodotte. Vengono allevate spigole, orate e anguille con tecniche di acquacoltura intensiva e con l’azienda di Orbetello (Gr) che produce anche ostriche. Sempre nella Laguna
di Orbetello, inoltre, è presente un allevamento estensivo con una produzione di circa 300 tonnellate annue di pesce.
In Val di Cecina (Pisa) opera poi un particolare allevamento di pesci da acquario che utilizza le acque geotermiche dell’area di Larderello.
Rosanna Paliotta