Il mercato italiano apre ai nuovi vini e i consumatori sembrano gradire. Lo rivela l’indagine Il vino estero in Italia condotta da Vinitaly e presentata a Verona questa mattina. Oltre alla conferma che l’Italia è paese leader nell’esportazione del vino, a stupire, probabilmente, è l’11 posto tra i paesi importatori. E forse nemmeno più di tanto, considerato che l’apertura ai nuovi vini ha visto crescere gli scambi di vino a livello mondiale: solo nel 2005 il flusso commerciale ha interessato 78,7 milioni di ettolitri, segnando un +3% rispetto al 2004. I dati trovano conferma nel contemporaneo aumento dell’export italiano (+6,5% nel 2006 per un valore di 3,2 miliardi di euro), proprio nei Paesi ora più presenti sul nostro mercato, oltre che in Francia. Ma sono i consumatori, probabilmente, a stupire ancora di più. Il 15%, infatti, consuma o acquista vino proveniente dall’estero (champagne incluso), e un 2% circa si dichiara vero e proprio “cultore” del vino estero, con una media annua di 50 bottiglie acquistate e una spesa superiore alle 10 euro per bottiglia (40 euro per lo Champagne). Così emerge che il consumatore tipico è un uomo giovane, di età compresa fra i 18 e i 35 anni, di buona cultura e residente nelle grandi città del Centro Italia: solitamente nella scelta si affida al passaparola e al consiglio di amici, ma si rivela sensibile ai consigli del venditore, ristoratore, sommelier o alla modalità di esposizione sullo scaffale. Tra i vini esteri in Italia, quello francese è di gran lunga il più conosciuto e il più consumato, ma riscuotono un crescente apprezzamento anche i vini spagnoli, portoghesi, cileni, australiani e americani.
E il mercato? Negli ultimi anni a livello globale, i paesi del Sud del mondo, come l’Australia, il Cile, l’Argentina, il Sud Africa e gli USA sono cresciuti enormemente sia in termini di produzione che di export di vino, grazie all’adozione di un approccio tipicamente “industriale”: aziende di grandi dimensioni (in media 40 ettari quelle Usa, quasi 23 ettari in Sud Africa e circa 21 ettari in Australia), utilizzo di vitigni standard e forte orientamento al marketing del prodotto.
In questo contesto, l’Italia, nonostante le dimensioni aziendali si attestino in media poco al di sopra di 1 ettaro, si conferma ancora una volta leader mondiale, insieme alla Francia, nella produzione e nelle esportazioni di vino, che nel 2005 si attestano rispettivamente a 50,6 milioni di ettolitri e a 15,7 milioni di ettolitri sul bilancio complessivo di approvvigionamento nazionale.
Seppur con dimensioni inferiori (1,8 milioni di ettolitri), anche a livello di import l’Italia è cresciuta, triplicando i volumi negli ultimi 5 anni, ed è oggi l’11° importatore mondiale.
Nel 2005, il 60 – 70% delle importazioni in valore è rappresentato dal vino francese, imbottigliato e di qualità (solo 67.000 ettolitri di champagne per un valore di 136 milioni di euro). A questo seguono il vino da tavola sfuso, cresciuto dal 15% al 70% negli ultimi 5 anni, proveniente da Spagna e Usa, che viene poi riesportato in Europa (quello americano), o venduto come vino da tavola “primo prezzo” nella GDO (quello spagnolo) e, non ultimi, i vini imbottigliati e di buona qualità che arrivano dai paesi del Sud del Mondo (Argentina, Australia, Cile).
Cristiano Pellegrini