“In una terra come la Toscana credo che investire sulle donne convenga a tutto il sistema. L’ostinazione nel formarsi, una certa sensibilità, lo stile riconoscibile ne fanno un segmento più propenso all’innovazione e alla qualità. Dovrebbe essere una scelta di governo”. Parola di Susanna Cenni, assessore regionale all’agricoltura, che ha partecipato alla tavola rotonda “Vino di genere”, organizzato dall’Enoteca Italiana presso il Bastione San Filippo della Fortezza Medicea, sede storica dell’Ente Vini senese istituito nel 1933.
Si può riconoscere un vino prodotto, pensato, fatto da una donna? Alla domanda hanno tentato di rispondere Donatella Cinelli Colombini, produttrice ed assessore al Turismo del comune di Siena, la sommelier Daniela Scrobogna, Graziana Grassini, enologa, Paola Longo, enotecaria e Omar Calabrese, semiologo e docente dell’Università di Siena. Gran “cerimoniera”, Camilla Nata, giornalista Rai.
Ad una degustazione “bendata” di otto vini rossi (4 fatti da uomini, 4 da donne) è stato affidato il compito, un po’ tra l’esperimento e il gioco, di scoprire se alcune caratteristiche denotano tratti femminili in un vino. O al contrario, se vi è un unico “volto” del vino, quello frutto “della sapienza e della conoscenza”. E su questa linea si è attestato l’esito finale della degustazione, guidata da Silvana Lilli, alla quale hanno partecipato una quarantina tra giornalisti ed esperti.
“Non ci sono preclusioni – ha detto Daniela Scrobogna – anzi, le donne hanno a volte una sensibilità che l’uomo non ha. I loro sensi sono molto più affinati (sicuramente lo è il naso), funzionano meglio perché sono messi in moto dalla ricerca di emozioni e dell’eleganza. I vini delle donne non sono vini urlati – ha concluso – sono vini sussurrati. L’importante è che questo vino conquisti e che lasci un ricordo”.
“Con questa iniziativa vogliano fare emergere con tutta la forza possibile il cammino che hanno fatto le donne in tutta la filiera produttiva del vino”, ha ricordato Flavio Tattarini, presidente di Enoteca Italiana. “Negli ultimi 15 anni nel settore enologico c’è stato uno scarto, un percorso di liberazione forte: le donne sono impegnate in una modernizzazione del sistema rurale”, ha aggiunto.
“Le donne in agricoltura sono più formate dei loro colleghi, ci sono più laureate. Nella Selezione dei Vini di Toscana, quest’anno i vini delle donne sono aumentati del 30% rispetto a due anni prima”, conferma l’assessore Cenni. “Sta cambiando tutto anche nei consumi”.
“Le giovani donne, fortemente scolarizzate, nella scelta del vino non guardano al grande nome o alla bottiglia importante, ma a come impiegarlo nei rapporti interpersonali”, interviene Donatella Cinelli Colombini, autrice di una ricerca dal titolo “Vino e Turismo al femminile”.
Si scopre così che le donne, è vero, “gradiscono molto lo spumante, non soltanto le bollicine”, ma anche che “non hanno preclusioni per i vini fermi, preferibilmente rossi, e non amano i vini leggeri. Sono inoltre consumatrici pronte a trasgredire, per curiosità”.
Forse la stessa qualità per cui in enoteca è lei a scegliere la bottiglia, quasi nel 50% dei casi, rispetto all’uomo. “Le bottiglie devono essere belle, di tendenza, ben confezionate”, sottolinea Donatella Cinelli Colombini. “Le donne sono molto attente alla linea, con questi vini di 14 gradi e mezzo si incontrano sicuramente dei problemi”, conclude.
“La poetessa greca Saffo aveva inventato lo scoliòs, un verso tronco ispirato allo sguardo sbieco di quando si passa il vino a tavola – racconta Omar Calabrese -: la coreografia del vino fa parte del mondo femminile: le donne non sono solo consumatrici da boutiques. Anche il Castiglione nel ‘500, chiamò un banchetto ‘Forma del vivere” ispirato alle donne. Dom Perignon esportava in Russia le sue preziose bottiglie: nella seconda metà del ‘700 vi fu un’epidemia, non potevano partire le navi, rischiava di estinguersi. Fu Caterina di Russia ad inviare una flotta dal Baltico per caricare casse e casse di champagne: le piacevano le bollicine, ma soprattutto la forma della bottiglia. In una lettera chiama questa forma ‘cattedrale’ e senza di essa non aveva senso il pranzo”.
“La forma del vivere come piacere generalizzato, lo stile di vita contro l’appiattimento e la ripetizione della vita contemporanea sono l’unica strada nella battaglia contro la campagna igienista anti-vino, e le donne ce lo insegnano”, afferma Calabrese.
Paola Longo, da 18 anni, alla guida di un enoteca, insiste: “La donna è più preparata, più esigente, chiede. L’uomo un po’ meno. La donna si affida subito all’aiuto di chi sta in negozio. Un vino deve dare un ricordo, un piacere, un’emozione”. “Sono sempre vini veri i vini delle donne – le fa eco l’enologa Graziana Grassini -. Territorio, cultura, sapienza enologica: l’impostazione femminile si sente”.
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