Ora finalmente l’olio d’oliva “made in Italy” è più difeso dalle falsificazioni, dall’assalto degli “agropirati” e dalle sofisticazioni E così anche il lavoro dei nostri produttori, che puntano da anni alla qualità, è pienamente valorizzato. E la Cia-Confederazione italiana agricoltori ha commentato positivamente l’emanazione del decreto da parte del ministro delle Politiche, alimentari e forestali Paolo De Castro sull’obbligo di indicare in etichetta la provenienza delle olive impiegate nell’olio vergine ed extravergine.
Si tratta – afferma la Cia (che da tempo sollecitava una misura in tal senso)- di un provvedimento importante, attraverso il quale si impedisce di ingannare i consumatori vendendo come italiano un olio ricavato, invece, da miscugli diversi e soprattutto da olive provenienti da altri Paesi, come Grecia, Tunisia e Spagna. Un fenomeno, questo, molto diffuso e che ogni anno provoca al nostro settore olivicolo un danno superiore ai 600 milioni di euro.
Nei mercati – continua la nota- troviamo, infatti, olio straniero sempre più in abbondanza. Oggi su tre bottiglie due sono di olio estero, ma i consumatori italiani non lo sanno e le comprano come prodotto nazionale, in quanto manca una precisa informazione.
Il decreto va, quindi, nella direzione giusta. Con il provvedimento, insomma, si giunge ad una completa trasparenza, garantendo sia i consumatori che i produttori che in questo modo possono essere più tutelati. Insomma, uno stop deciso ai falsi oli d’oliva “made in Italy”.
D’altronde, senza un’etichetta chiara e trasparente e soprattutto in mancanza dell’indicazione di origine, per l’olio d’oliva “made in Italy”, oltre al danno economico rilevante, significa avere -rimarca la Cia- pesanti ripercussioni anche per l’immagine del nostro prodotto sui mercati mondiali.
Adesso -spiega la Cia- occorre difendere tale provvedimento a livello di Unione europea.
Il nostro Paese è il secondo produttore europeo di olio di oliva con una produzione che supera le 600.000 tonnellate (ricavate da 250 milioni di piante), due terzi delle quali extravergine e con molte Dop e Igp. Da non dimenticare poi il biologico. Il tutto per un valore produttivo che si avvicina ai 2,2 miliardi di euro.
n.29/anno VII/12 ottobre 2007