Forbice sempre più ampia per l’agricoltura italiana a causa di logiche fin troppo finanziarie. Mentre in Sardegna si rischia la sconfitta per l’agricoltura in nome della finanza, a Torino, durante la giornata inaugurale del “Salone del vino” partono i fuochi d’artificio per la potenziale e prossima collocazione in borsa di almeno dieci aziende vinicole italiane. Comunque andrà a finire non sarà un successo, per nessuno. Ma sconfitta certa per tutti. È vero, il fatto che vi siano uomini e aziende di alta, altissima qualità in un settore di punta quale quello enologico è un motivo di soddisfazione per tutto il sistema economico italiano, in particolare per quello agricolo. Significa che sappiamo competere a livello mondiale, che la qualità è riconosciuta da un mercato sempre più aperto e che anche la finanza riconosce questi valori. E tuttavia, il rovescio della medaglia è che continua a stentare, anzi si aggrava, l’altra agricoltura, quella che non ha il beneficio dei riflettori dei media, dei nomi altisonanti e blasonati e manca dell’attenzione della finanza. Ma che rappresenta la maggioranza delle nostre produzioni, cerealicoltura, olivicoltura, zootecnia, pastorizia, solo per citarne alcune. Semmai se vi è un’attenzione è a trattare, da parte di certe banche, il settore al pari di ogni altro. Ma l’agricoltura non può essere al pari di niente d’altro. I costi e ricavi aziendali hanno così tante variabili che nessuno strumento finanziario ordinario può comprenderli: grandine, piogge, nevi, gelo, siccità sono elementi che non possono essere né previsti né preventivati nei loro effetti. E soprattutto sono effetti da cui non ci si può difendere. E poi c’è il mercato che è cinico e non ammette spazio ai produttori. Ogni anno i prezzi dei prodotti finali aumentano ma non la materia prima che all’agricoltore costa sempre di più ma per la quale viene pagato sempre di meno. E ogni anno parte lo stucchevole finto moralismo di chi denuncia il fatto ma a cui poi non segue nessun atto concreto per correre ai ripari. In più l’Unione europea ha ridotto drasticamente i contributi che sono andati in altre direzioni. E allora? Iniziano i pignoramenti, i fallimenti e le banche diventano proprietarie di stalle, frantoi, campi e cantine. A danno di chi aveva deciso di investire nel settore fino ad indebitarsi per creare un’azienda competitiva e moderna. Con quale risultato? Che così facendo si sconfigge l’agricoltura italiana nel suo complesso. Perché se è vero che ci sono delle stelle polari, che possono arrivare sino alla Borsa, queste possono continuare ad esserci perché tutto il sistema agricolo sta in piedi. Anche il pastore sardo. Che tutte le mattina porta al pascolo le sue pecore e che per produrre ha bisogno di una stalla efficiente e moderna. E che, solo per questo, merita più rispetto e considerazione. Anche da parte della finanza.
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