50 centesimi per un hamburger. I’m lovin’ it

Un professore di politica economica, qualche anno fa, sottolineava – anche se personalmente non la pensava così, come fosse tecnicamente una contraddizione prendersela con i grandi marchi accusandoli di globalizzazione. Soprattutto quando la protesta parte proprio dai giovani o dalla gente di ceto “medio-basso”; da chi insomma, perlomeno tutti i giorni, non può permettersi di andare al ristorante. “Perché i nostri no-global si scagliano contro la McDonald’s? – chiedeva -. Quando è molto più conveniente invece mangiarsi un bel panino farcito, impreziosito da patatine fritte e bibita, in un packaging accattivante, al prezzo di poche migliaia di lire. Un pranzo che chiunque, o quasi, al mondo può permettersi. Quanto costa invece un pasto fatto di prodotti del territorio, o semplicemente un panino con un buon salame di cinta senese?”. Questione di punti di vista. Mangiare con 50 centesimi può sembrare inverosimile al giorno d’oggi, fra inflazione e caro prezzi. Invece è possibile. E’ una delle promozioni che propone la McDonald’s fino al 31 dicembre nei fast food fiorentini (ma probabilmente anche in altre città) della rinomata catena. E per pubblicizzarlo niente di meglio che il retro dei ticket dei tram cittadini. Comunicazione molto semplice, diretta ed efficace: un hamburger al costo di mezzo euro.
A livello economico tutto questo è vero e giustificabile. Gli stessi sapori, prodotti, ingredienti e costi al consumo da Nuova Delhi a Milano, da Capo Verde a Mosca. Così come una lattina di Coca Cola è uguale a se stessa in tutto il mondo: è impossibile trovare una diversa annata, anche essendo disposti a pagare una bella cifra, oppure una Coca Cola invecchiata in barriques. Insomma sia il petroliere sia l’operaio sempre la stessa lattina possono acquistare. Ma per fortuna c’è anche chi pensa alla biodiversità. Ormai forse è tardi, gran parte del nostro patrimonio di sapori, di fauna e di flora e di quant’altro, è andato perso per sempre. Ad iniziare dai semi, che sono alla base di qualunque vita. Proprio ieri Vandana Shiva, durante un suo impegno nel capoluogo toscano, per stilare un nuovo manifesto dedicato ai cambiamenti climatici, elogiava il modello toscano in fatto di agricoltura. “Il modello toscano è valido – precisava rispondendo ad una domanda di una giornalista estera -, si lavora su piccoli appezzamenti agricoli, si conserva la biodiversità e non la monocoltura. Si incentiva l’agricoltura locale e si promuove la filiera corta. E poi la Toscana a livello politico ha dato un forte impulso contro gli Ogm, non a caso la rete europea contro gli Ogm è partita proprio da Firenze”. Sapori da salvare appunto. Vale la pena promuovere un’altra peculiarità sempre toscana, come l’associazione agricoltori custodi. Hanno salvato tanti e tanti produzioni di super-nicchia dei territori regionali, grazie ad una legge regionale e ad un albo che li tutela e li caratterizza. Un buffet degli agricoltori custodi (055-9172277, agricoltoricustodi@virgilio.it) è qualcosa di indimenticabile, anche se non si mangia con 50 centesimi di euro (ma non si spende più che da normali catering). Si possono gustare piatti tipici realizzati con degli ingredienti quasi introvabili, se non nel luogo di produzione o nella vendita diretta come i Mercatali. Uno stufato alla Sangiovannese accompagnato dal purè di patata quarantina; oppure un pecorino a latte crudo con la mela nesta al forno. Ma anche il pane o il castagnaccio non solo banali, sicuramente quella farina avrà una sua storia tutta da raccontare, fatta di persone e di territori. Insomma, non siamo a demonizzare l’uno o l’altro stile di vita e di alimentazione. Ma soltanto che ci venga lasciata la possibilità di poter scegliere. Ed anche alle generazioni che verranno.

LB    

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