E’ una sentenza della Corte di Cassazione (sez. III, sentenza 13 aprile 2007 n. 8851) ad offrire una fondamentale interpretazione certamente mutuabile per quanto riguarda la Tarsu o la Tia se applicata dai Comuni. La Suprema Corte è stata chiamata ad esprimersi circa la corretta collocazione dell’agriturismo tra le attività produttive al fine di individuarne il canone e la tariffa appropriata per la fornitura di acqua. L’Ato (n. 4 Alto Valdarno) e la società di gestione (SPA Nuove acque) interessate avevano collocato l’agriturismo nell’ampio novero delle attività ricettive in genere, parificandolo quindi agli alberghi (e talvolta alla ristorazione). La Suprema Corte ha fatto proprio quanto previsto dall’art. 2135 del codice civile il quale ricomprende “le attività di ospitalità e ricezione come disciplinate dalla legge” tra le attività connessa a quella agricola. Da qui la totale assimilazione. Il canone e la tariffa applicabile deve essere quella già prevista per le attività agricole in genere. Il principio, proprio per l’alto grado di giudizio che lo ha emanato, potrà essere validamente mutuato per l’applicazione della Tarsu o della Tia al fine di correggere, se del caso, gli orientamenti fin qui assunti dai Comuni con indubbi vantaggi per gli esercenti.
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