Cosa sarebbe il mondo senza lo Champagne? Difficile dirlo: sicuramente sarebbe più triste. Bisogna quindi ringraziare il lavoro di generazioni di champenois che, affinando sempre di più le tecniche di coltivazione, di vendemmia e di elaborazione, ci hanno regalato questo vino unico, raro, prezioso e irripetibile.Unico: perché soltanto il vino prodotto nella regione omonima con le uve di quella terra (Chardonnay, Pinot nero e Pinot meunier), maturate sotto quel sole, può chiamarsi Champagne. Raro: perché lo Champagne, non è un prodotto di carattere industriale, ma il frutto di ben precise fasi di elaborazione nel corso delle quali tutto è costantemente controllato e solo il meglio viene conservato. Prezioso: perché lo Champagne è indubbiamente più caro di altri vini, ma basterebbe un’occhiata alle severe regole della vinificazione, al periodo di invecchiamento ed al costo delle uve, per capire che questa differenza di prezzo ha un validissimo fondamento economico. Irripetibile: perché in nessun’altra regione del mondo si ritrovano condizioni così particolari di clima, di terreno, di orografia ed un patrimonio di esperienze comparabili.
La regione – Che cos’è dunque lo Champagne? Il dono prezioso di una terra e della sua gente. Questa regione, la Champagne, situata a 150 km a nord est di Parigi (si estende su quattro dipartimenti: la Marne, l’Aube, l’Aisne e la Seine et Marne) è da secoli impegnata nella produzione del vino: dai vignerons (i vignaioli che coltivano anche un solo ettaro di terreno) ai négociants (i commercianti che comprano le uve ed elaborano lo Champagne). Tutti, dal piccolo contadino alla grande Maison de Champagne contribuiscono all’economia della regione, proporzionalmente alle loro possibilità. E lo Champagne può nascere solo qui per diversi motivi: il clima bizzoso e instabile espone la regione ai forti venti atlantici che arrivano dalla Normandia, passano per Parigi senza incontrare ostacoli che la sottile torre Eiffel e finiscono sui vigneti. D’inverno la temperatura scende di parecchi gradi sotto lo zero e in primavera non è raro lo spettacolo di una miriade di stufette poste tra i filari, per mitigare l’effetto delle gelate primaverili e salvare così i primi teneri germogli dal gelo.
La storia – Ma lo Champagne ha soprattutto una storia la quale ci dice che verso la fine del secolo XVII nei monasteri che si trovavano nella Champagne si riuscì a scoprire il modo per racchiudere in bottiglia la fragrante e profumata effervescenza del vino di Champagne. Un abate, Don Pérignon, cellier (economo) dell’abbazia di Hautvillers, partecipò attivamente alla sua realizzazione, ma non fu il solo: fu un movimento comune che permise di raccogliere e concretizzare, ottimizzandole le esperienze e le ricerche compiute nei secoli precedenti dai vignerons della zona. A Don Pérignon, anche i suoi moderni detrattori, riconoscono, comunque, un grande merito: l’adozione della cuvée, ossia la scelta dei grappoli da spremere insieme, anziché il ricorso alle miscele di mosti o al taglio dei vini adottate prima di lui. Tutto il resto, si dice ora, è fantasia: l’invenzione, sempre di Don Pérignon, della flute, poi sostituita dalla coppa (la maliziosa leggenda parla delle donne celebri, da Maria Antonietta alla Pompadour, che avrebbero offerto il loro seno perfetto quale stampo per un recipiente così poco adatto a valorizzare il perlage) e il segreto, confidato in punto di morte al successore: per ottenere un buon Champagne, aggiungere al mosto zucchero candito, sei pesche senza nocciolo, cannella ed acquavite bruciata. Comunque, siano andate le cose, ancor oggi molti turisti in visita ad Epernay rendono omaggio alla statua di Don Pérignon, eretta nel cortile della maison più legata al suo ricordo, la Moet & Chandon e quasi tutti si fermano all’ingresso della città, davanti a un breve tratto di collina tagliato dall’alto in basso, dove affiora la craie, quel particolare tipo di gesso che forma il sottosuolo della regione.
I vini – Ma la Champagne-Ardenne è ricca di altri vini di qualità e di distillati dai sapori tutti da scoprire. Oltre allo Champagne un altro prodotto d’eccezione che esce dalle cantine della regione è il Rosé des Riceys, un vino fatto conoscere al Re Sole durante la costruzione della reggia di Versailles da un gruppo di minatori provenienti dalla Champagne. E’ considerato il vino più controllato di Francia, tanto da non essere prodotto tutti gli anni. Nasce dal solo vitigno Pinot noir coltivato sulle colline con pendenza più accentuata, nelle parti più alte e soleggiate. Ogni anno vengono prodotte soltanto alcune decine di migliaia di bottiglie, valutate in base alle qualità gustative del vino e non in base al colore. Les Riceys, nell’Aube, è il più esteso terroir viticolo della Champagne, con 866 ettari ed è anche l’unico villaggio a vantare tre vini doc: lo Champagne, il Coteau Champenois e il Rosé des Riceys. I Coteau Champenois sono vini fermi rossi, bianchi o rosé. Fino al 1800 rappresentavano i 9/10 della Champagne. Il successo sempre maggiore dei vini effervescenti ne determinò il calo di notorietà e di qualità. A partire dalla concessione della doc, nel 1974, è iniziata la rinascita di questi vini morbidi e leggeri, sovente identificati con il nome del villaggio dove sono prodotti: Ambonnay, Bouzy, Cumieères. In Haute-Marne, per merito di qualche appassionato, da una decina d’anni sono ormai rinati vini un tempo scomparsi. Il vigneto di Montasaugennois è documentato nel IX secolo, al momento della fondazione del priorato d’Aubigny. Dopo aver conosciuto momenti di gloria nel XV e XVII secolo, restò vittima della filossera alla fine del XIX secolo. Venne ripiantato nel 1988. Il Muid Montsaugennaios, bianco e rosso, si produce a partire da uve Pinot noir. L’annata 2001 si è già meritata una stella nella guida Hachette dei Vini. L’origine del vigneto di Coiffy risale all’arrivo dei Romani. Il principale vitigno era allora il gamay. La rinascita inizia dal 1981 e oggi si contano cinque ettari di chardonnay, quattro ettari di pinot e due ettari di pinot grigio. Il Coiffy, rosso e bianco, ha vinto più volte la medaglia al Concorso Agricolo Generale di Parigi.
Aperitivi e liquori e sidro – Da non dimenticare gli aperitivi: il Ratafià (liquore a base di acquavite, zucchero e frutta), il Cacibel, mix di cidro, cassis e miele, da bere freddo, il Magra Bendi, aperitivo dell’Aube, a base di melograni e lamponi per la versione rossa e pere e vino bianco per la versione bianca, il Rubis di ribes di Bugnieères (Haute-Marne), un vino di frutta da bere fresco. Infine, i liquori, vanto della regione. Il più famoso è il Marc de Champagne, frutto della distillazione dei residui solidi delle uve pressate, e la Vieille Fine de Marne, distillato dello champagne in eccesso.
Fra i distillati di frutta ricordiamo la prunelle arcisienne (di Arcis-sur-Aube) a base di prugne e l’acquavite di frutta di Argonne e del Bassigny. La regione è anche ricca di birre: la Valmy (Marne), la Choue (Haute-Marne), l’Oubliette stout e la Passe stout (Ardenne). Infine, il sidro, una specialità della zona dell’Othe (Aube). Una specialità che ha subito una crisi durante le due guerre mondiali e la concorrenza del vino e della birra, ma la cui produzione è ripresa intorno agli anni ’80. Il sidro dell’Othe, a doppia fermentazione naturale (come lo champagne), nasce da quattro varietà di mele tipiche e dai nomi fantasiosi come ‘cul d’oisson’ (oison è il papero) o ‘nez de chat’ (naso del gatto).