La bruschetta con l’olio nuovo come le torri di San Gimignano, un calice di vino o un pecorino toscano come le colline della Val d’Orcia o il centro storico di Firenze. La dieta mediterranea è candidata a diventare patrimonio culturale immateriale dell’Unesco e la Toscana potrà trovare da questa iniziativa ulteriori forme di tutela di valorizzazione dei prodotti e delle tradizioni produttive e culturali. E’ favorevole il commento della Cia Toscana riguardo alla iniziativa del Ministro delle Politiche Agricole Paolo De Castro che assieme al suo collega spagnolo, ha presentato a Barcellona la candidatura della dieta mediterranea a patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
“Si tratta di un’iniziativa che va nella giusta direzione in quanto punta alla valorizzazione dei prodotti alimentari tipici dell’agricoltura nazionale e dunque anche della Toscana – ha dichiarato il presidente della Cia Toscana Giordano Pascucci – l’agricoltura toscana è un grande giacimento di tradizioni, cultura, sapori, tale da accrescere e dare sostanza all’iniziativa del Ministro. Produzioni tipiche e di alta qualità quelle toscana, – prosegue Pascucci -, capaci di coniugare tradizione e innovazione, sicurezza alimentare, gusto e sapore, in sostanza un insieme i valori, oltre che di servizi che l’agricoltura offre alla società toscana e a tutti i cittadini”.
La dieta mediterranea è un bene prezioso che va tutelato e diffuso. Quindi una sua piena valorizzazione a livello mondiale, non solo trova estremamente favorevole la Cia regionale, ma aiuta l’impegno nella direzione della tutela e valorizzazione delle produzioni agricole toscane. Le produzioni più tipiche dell’agricoltura toscana, olio, vino, carni, salumi, latte e formaggi, ortaggi e frutta, cereali, miele, con le tante varietà e specie, costituiscono forse il contributo più ricco e variegato alla definizione della dieta mediterranea.
“Il nostro auspicio, adesso – conclude Pascucci -, è quello che l’iter della candidatura possa concludersi positivamente affinché tale riconoscimento possa arrivare quanto prima, come ulteriore strumento di valorizzazione globale quindi non solo del territorio, ma anche quei valori culturali, storici, produttivi, alimentari, sociali che risiedono in quei luoghi che una volta erano definiti culla della civiltà”.
Marta Santopolo