I forti rincari di grano, mais e riso che stanno caratterizzando i mercati internazionali e il calo delle scorte alimentari, in particolare di frumento (è stato toccato il livello più basso degli ultimi 25 anni), rischiano di favorire misure neo-protezionistiche e nuove manovre speculative sugli stessi prezzi degli agroalimentari. A lanciare l’allarme è la Cia-Confederazione italiana agricoltori preoccupata per i riflessi che possono aversi nel nostro Paese fortemente dipendente dall’estero, con il pericolo di pagare un conto salato sia in termini di maggiori costi (quelle delle imprese agricole hanno fatto registrare a febbraio un aumento dell’8,7 per cento) che di minore disponibilità. La Cia fa, quindi, notare che l’Italia è dipendente dall’estero per il 40 per cento di grano duro, per il 60 per cento per di grano tenero, per il 15 per cento di mais, per il 90 per cento di soia e per il 50 per cento di carni.
Preoccupazione – Conseguenze che, tuttavia, potrebbero essere attenuate -sottolinea la Cia- almeno sul fronte del grano, visti i possibili incrementi produttivi determinati da una crescita delle coltivazioni. Quelle di grano duro, infatti, dovrebbero segnare per quest’anno un incremento di oltre il 18 per cento (arrivando a sfiorare 1,7 milioni di ettari), mentre quelle di grano tenero dovrebbero segnare un incremento intorno al 14 per cento (circa 750 mila ettari). Questi aumenti produttivi -afferma la Cia- potrebbero rappresentare un elemento calmieratore del mercato nazionale ed evitare le impennate che negli ultimi mesi hanno caratterizzato i prezzi del pane (nel 2007 ha fatto registrare un più 13,2 per cento) e della pasta (più 17 per cento nello scorso anno). Il problema, però, resta e tutte le attuali previsioni possono essere smentite dalle continue tensioni sui mercati mondiali. Quindi, l’evoluzione dei prezzi a livello internazionale – avverte la Cia – rimane preoccupante, visto che sta provocando proteste, rivolte e tensioni in molti paesi. Quello che è avvenuto a partire dall’agosto scorso anche in Italia è un pericoloso campanello d’allarme verso il quale bisognerà destare molta attenzione.
Escalatione di aumenti – Basti pensare che i prezzi mondiali di grano e riso sono pressoché raddoppiati rispetto allo scorso anno, mentre quelli del mais sono cresciuti di oltre un terzo. E i più penalizzati sono i paesi poveri che hanno visto crescere di circa il 60 per cento il costo delle importazioni di cereali. Non solo. A queste tensioni si è aggiunta una minore produzione determinata da fattori climatici. A ciò -rimarca la Cia- si devono aggiungere i riflessi del boom dei biocarburanti che ha di molto ridotto, in questi ultimi anni, l’offerta dei prodotti agricoli destinati all’alimentazione umana. Davanti a questa escalation che sta sconvolgendo equilibri consolidati, l’Europa – segnala la Cia – deve correre ai ripari. Prima di tutto bisogna impegnarsi per evitare che alcuni paesi tornino ad alzare le barriere doganali e rilancino la politica dei dazi che non farebbero altro che alimentare un ritorno al protezionismo che in questa particolare fase avrebbe effetti devastanti, sia in termini inflazionistici che monetari. L’aumento del 10 per cento delle colture a grano (terreni prima destinati a set-aside) deciso dall’Ue potrebbe ridurre il rincaro dei prezzi, ma questa da sola non può rappresentare una risposta definitiva, anche perché la crescita dei prezzi mondiali potrebbe prolungarsi per molto tempo. Alcuni analisti sostengono che potrebbe protrarsi anche per i prossimi sette anni.
Soluzioni – Occorre, secondo la Cia, imboccare altre strade. L’Unione europea deve cominciare fin da adesso un’attenta riflessione sulla Politica agricola comune soprattutto per quanto concerne gli approvvigionamenti. Non è, infatti, possibile che un colosso mondiale come l’Europa non debba avere scorte alimentari. Quello che è avvenuto in questi ultimi mesi, proprio a causa di minori produzioni dovute all’anomalo andamento climatico, è un segnale di cui tenere in debito conto. Bisogna, pertanto, procedere su strade diverse. La questione degli approvvigionamenti diviene di primaria importanza, non solo per soddisfare le esigenze dei consumatori, ma anche per dare certezze ai produttori agricoli. Da qui l’opportunità di un adeguato Piano.