Come utilizzare i residui dei frantoi e come ottenere la migliore qualità dell’olio dalla spremitura a partire dall’analisi degli enzimi "buoni". Chi pensava che tutto fosse scontato e che la tradizione avesse solide basi e certezze indiscutibili si deve scontrare con la ricerca e l’innovazione che anche in questo settore fanno passi in avanti. Ad Arezzo, durante la tre giorni di Medoliva, l’Arsia, agenzia regionale per l’innovazione e lo sviluppo nel settore agricolo della Toscana, ha presentato due interessanti progetti che avevano come obiettivo proprio il miglioramento della qualità dell’olio extravergine di oliva toscano, in favore del produttore, certo, ma anche del consumatore finale.
Il momento della frangitura – Dopo tre anni di studio, in seguito ad un bando di ricerca promosso nel 2004, sono stati presentati i risultati del progetto “Protocolli innovativi per la produzione di olio extravergine di oliva nella realtà aziendale toscana” che ha voluto individuare processi di raccolta e estrazione ottimali per il raggiungimento della migliore qualità possibile dell’olio di oliva. Due gli elementi fondamentali individuati che incidono particolarmente sulla qualità: il momento ottimale per la raccolta e il ruolo degli enzimi nella fase estrattiva. L’olio, cioè, non solo come ‘spremuta di olive’ ma prodotto di trasformazione chimica ed enzimatica di quanto presente naturalmente nelle olive. E la ricerca ha evidenziato come sia fondamentale monitorare la concentrazione degli zuccheri per individuare il momento ottimale per la raccolta, così come sia altrettanto importante poter individuare gli enzimi “buoni”, quelli cioè in grado di agire positivamente sulla qualità dell’olio. "Il tutto – ha sintetizzato Bruno Zanoni, del Dipartimento di biotecnologie agrarie dell’università di Firenze, responsabile scientifico del progetto – è raggiungibile, da parte delle imprese, attraverso il compimento di tutte le fasi produttive ed estrattive in azienda, per poter gestire e controllare al meglio tutte le operazioni, con impianti flessibili e con il lavoro di un buon elaiotecnico".
Il riuso dei reflui oleari per il florovivaismo e la fungicultura – Il secondo progetto si inseriva nell’ottica dell’incremento del valore aggiunto per la filiera dal titolo “Soluzioni alternative allo spandimento in campo dei sottoprodotti dei frantoi”. Coordinato dalla sezione Olivicoltura dell’ISAFoM del CNR di Perugia, Istituto sistemi agricoli e forestali del mediterraneo, lo studio ha verificato, sul territorio toscano, alcuni impieghi dei reflui oleari alternativi allo spandimento in campo, testandoli sotto il profilo della fattibilità tecnica e anche della loro potenziale sostenibilità economica. I risultati conseguiti risultano incoraggianti, in particolare nel prospettare la trasformazione dei reflui oleari da residui di lavorazione, coi relativi oneri di smaltimento, a sottoprodotti destinati ad utili impieghi in altri settori come, tra gli altri, quelli floro-vivaistico e della fungicoltura, dove sono già state realizzate esperienze su vasta scala. I risultati di entrambi i progetti di ricerca sono di particolare interesse anche per la loro trasferibilità in altre realtà territoriali, oltre a quella toscana.
Il commento di Mammuccini (Arsia) – Soddisfazione per i risultati dei progetti di ricerca è stata espressa dall’amministratore dell’Arsia, Maria Grazia Mammuccini che ha anche avuto parole positive per la prima edizione del Salone: "un appuntamento – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini – che ha saputo trovare in un approccio orizzontale al mondo dell’olio e dell’olivo che ha coinvolto tutti gli aspetti della filiera, l’elemento vincente: in questa sinergia, che ha permesso anche il confronto e lo scambio con realtà internazionali, l’innovazione rappresenta un sostegno fondamentale per il comparto, in termini di identità e qualità del prodotto, ma anche per l’aumento della produttività e l’abbassamento dei costi di produzione".
Marta Santopolo