Un vero e proprio “fronte comune” contro il mal dell’esca della vite, malattia che continua a rappresentare un grave problema per la viticoltura di tutta Italia e che tra i rischi principali include la perdita annuale di prodotto, la morte precoce delle piante, la riduzione della vita media del vigneto da 25/30 a 15/20 anni, tanto più che negli ultimi decenni la malattia tende ad interessare anche piante giovanissime, di due-tre anni. Un fronte comune per conoscere meglio la malattia e individuare strategie di lotta sostenibile è quanto hanno realizzato le 15 Regioni (Abruzzo, Basilicata, Campania, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Sardegna, Puglia, Sicilia, Umbria, Provincia autonoma di Trento e Toscana capofila) che hanno collaborato al progetto di ricerca sul mal dell’esca della vite, avviato nel 2004, promosso e coordinato dall’Arsia e affidato per il coordinamento a Giuseppe Surico del Dipartimento di biotecnologie dell’università di Firenze, i cui risultati sono stati presentati quest’oggi in un convegno a Firenze.
Collaborazione interregionale – "Un approccio interregionale – ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, amministratore Arsia – che ha consentito di affrontare lo studio di questa malattia in modo sinergico e strategico individuando problematiche e aspetti non affrontati prima, coinvolgendo, inoltre, 50 imprese vitivinicole: un aspetto, questo, importantissimo non solo per un più tempestivo trasferimento dell’innovazione ma anche per il raggiungimento dei risultati che il progetto si prefiggeva. Una metodologia che, inoltre, dimostra come da simili esperienze possano nascere anche nuovi progetti in grado di allargare gli spazi di collaborazione nell’ambito della ricerca in agricoltura, coinvolgendo il Mipaaf, le Regioni, il CRA-Consiglio per la ricerca in agricoltura, ottimizzando così le poche risorse di cui la ricerca dispone".
La malattia – Il mal dell’esca è una malattia estremamente complessa, che riguarda tutte le aree vitivinicole italiane e che, se non contrastata adeguatamente, non può che aumentare nel tempo, accentuando le sue caratteristiche epidemiche. Tra gli obiettivi della ricerca l’individuazione delle vie di infezione sia in vivaio sia in campo, dei fattori ambientali che condizionano lo sviluppo della malattia e la messa a punto di strategie di cui viticoltori e vivaisti potrebbero avvalersi per la lotta sostenibile. Ad esempio, il vivaista potrà avvalersi di misure per lo più preventive, rivolte a salvaguardare quantomeno gli aspetti igienici delle operazioni di preparazione delle barbatelle con l’obiettivo di ridurre al minimo il rischio delle infezioni da parte dei funghi dell’esca. Il viticoltore, da parte sua, può contribuire al contenimento dell’epidemia eliminando prontamente le piante infette, principali focolai di inoculo per le piante ancora sane. Anche l’industria chimica può fare la sua parte individuando prodotti, soprattutto biologici, che contribuiscano ad eliminare i funghi del mal dell’esca, diffusi nel vigneto e fuori.
Il tema e la modalità di collaborazione e sinergia interregionale del progetto, hanno avuto un “effetto moltiplicatore”, portando alla realizzazione – in tutta Italia, nei diversi atenei che hanno partecipato al progetto – di oltre 50 fra tesi di laurea e di dottorato sull’argomento, un vero e proprio patrimonio di ricerca per il futuro della vitivinicoltura italiana. La problematica del mal dell’esca della vite sarà ulteriormente approfondita a livello scientifico anche nel corso del VI workshop dell’associazione internazionale dei ricercatori che studiano le malattie del legno della vite, in programma a Firenze dal 1 al 3 settembre prossimi, patrocinato anche da Arsia. Nell’occasione i partner del progetto interregionale avranno l’opportunità per confrontare i risultati delle loro ricerche con lo stato della malattia negli altri Paesi e con l’attività di ricerca e studio di scienziati internazionali.