In Sicilia biodiesel dai campi della Mafia

Biodiesel sulle terre confiscate alla mafia. Nasce in Sicilia il progetto Fi.Sic.a. (Filiera Siciliana per l’agroenergia) il progetto lanciato dalla Regione Sicilia che ha per protagonista la Brassica Carinata, il cavolo d’Abissinia, la cui spremiitura dei semi consente di estrarre l’olio base, che trattato per transesterificazione, consente di ottenere un ottimo biodiesel. Per questo progetto la Regione ha messo a disposizione 20 ettari confiscati alla Mafia.

Il progetto – Lo studio, che ha interessato varie provincie siciliane, è partito dal 2006 (fase sperimentale) con qualche centinaio di ettari arrivando per il 2008 a oltre 1000 ettari coltivati con la Brassica Carinata, pianta non food che si è dimostrata agronomicamente ed economicamnete idonea ad entrare in rotazione con il grano duro. Si adatta benissimo alle caratteristiche climatiche della Sicilia e contribuisce a migliorare i terreni, sia sul piano chimico che su quello strutturale.

Gli obiettivi – “Questo progetto – spiega l’Assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni La Via – dimostra come l’agricoltura possa fornire un valido sostegno al superamento dell’attuale crisi energetica creando inoltre opportunità economiche per i nostri agricoltori che in questa particolare fase hanno bisogno del nostro sostegno”. La sperimentazione si è posta come obiettivo finale la produzione di 1000 litri di biodiesel per ettaro ad un costo di 300-350 euro, utilizzabile da trattrici costruite dopo il 1992 senza modifiche meccaniche. Numerosi gli aspetti positivi tra i quali la biodegradabilità di questo biodiesel che quindi non contribuisce all’effetto serra, riduce le emissioni di monossido di carbonio e di idrocarburi incombusti, non contiene zolfo, riduce la fumosità dei gas di scarico, non presenta pericoli di autocombustione e che infine giova oltre che ai polmoni, anche ai motori grazie al suo potere detergente.

Riciclo e sviluppo economico – “I sottoprodotti dati dalla lavorazione del granello di Brassica – spiega Luca Lazzeri, del CRA CIN di Bologna – risulterebbero idonei per varie altre utilizzazioni: a partire dalla realizzazione di fertilizzanti organici azotati, oppure ammendanti per migliorare le proprietà chimico-fisiche e biologiche dei terreni orticoli; gli scarti possono anche essere utilizzati per alimentare caldaie di piccolo-medie dimensioni”. “Il progetto può dirsi riuscito – spiega Guglielmo Donadello, tra i curatori del progetto – dal momento che ci sono numerosi accordi con i produttori che hanno ritrovato reddito dalla coltivazione di questa pianta che a livello di coltivazione può tranquillamente entrare in rotazione con il grano duro, tra le più frequenti in questa Regione”.  Insomma una risorsa per gli agricoltori: chi ha scelto di coltivare la brassica grazie agli accordi di filiera stimolati dalla Regione Sicilia, si è ritrovato con un potenziale economico di circa 1.200 euro per ettaro”.

 

 

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