È un’enorme azienda agricola, con centinaia di ettari (quasi 800 in totale) destinati a produzioni pregiate o alle attività venatorie, numerose case coloniche, fabbricati, e poi immobili attrezzati per l’ospitalità agrituristica. Ma soprattutto è il più grande bene sequestrato alla mafia in tutto il centro e il nord Italia, uno straordinario patrimonio che, dopo la confisca definitiva nell’aprile 2007, ora può essere utilizzato e valorizzato a vantaggio di tutti i cittadini toscani. Si tratta dell’azienda agricola di Suvignano, nel cuore della campagna senese, un patrimonio che negli anni Ottanta aveva già destato l’attenzione del giudice Giovanni Falcone e che formalmente apparteneva a un costruttore siciliano che si dichiarava nullatenente. Ora la Regione Toscana, la Provincia di Siena e il Comune di Monteroni d’Arbia si candidano per l’assegnazione definitiva, con un progetto che punta a un importante sviluppo delle attività agricole di eccellenza, ma anche a importanti finalità sociali, tra cui spiccheranno, ovviamente, quelle imperniate sulla cultura della legalità.
Triade toscana – Di tutto questo si è parlato stamattina a Suvignano, nella conferenza stampa che è stata anche l’occasione per presentare ai giornalisti un’azienda che, una volta restituita alla legalità, ha straordinarie potenzialità di sviluppo e valorizzazione. "Questa azienda rappresenta la più eclatante dimostrazione della capacità della mafia di investire il suo denaro sporco e di mettere le mani su ogni realtà dell’economia e su ogni territorio – ha spiegato Federico Gelli, vicepresidente della Regione Toscana – Anche per questo è importante che le istituzioni abbiano deciso di assumersi pienamente la responsabilità di un patrimonio che deve essere restituito alla collettività. Con due finalità su tutte, dimostrare come può essere valorizzato un bene una volta che è sottratto alla criminalità organizzata e all’economia illegale; ma anche usare questa opportunità per alimentare una cultura della legalità sempre più attenta e incisiva. Suvignano dovrà essere un laboratorio di eccellenza per le nostre produzioni agricole di qualità, ma anche una vera e propria fattoria della legalità". "Un progetto di gestione – ha sottolineato Fabio Ceccherini, presidente della Provincia di Siena – dall’importante valore perché in grado di creare occupazione e reddito in un momento di forte recessione economica e, al contempo, di assicurare una programmazione attenta al tema della socialità grazie all’esperienza già attivata da tempo con l’Arci e le associazioni di volontariato del territorio. Con la nostra candidatura e la nostra esperienza vogliamo uscire in maniera straordinaria da una pagina nera dettata dalla malavita nella nostra provincia". “Grazie a questa alleanza istituzionale intendiamo dare importanti prospettive a questa azienda per la quale, già agli inizi degli anni Novanta l’amministrazione comunale di Monteroni ha combattuto affinché nascesse un progetto di gestione nel segno della legalità – ha ricordato Jacopo Armini, sindaco di Monteroni d’Arbia – È nostra intenzione perseguire questi obiettivi diversificando e valorizzando le attività che prendono vita in questa azienda, da quella agricola a quella agrituristica passando dalla zootecnia e, ovviamente, da una forte caratterizzazione sociale”. Il prefetto di Siena, Giulio Cazzella ha detto che "L’idea di una soluzione che privilegia il territorio è il top; è sul fatto che io e i miei uffici lavoreremo convinti per questo progetto non ci sono dubbi"
Alcuni dati sull’azienda di Suvignano – L’azienda di Suvignano si trova a 15 chilometri da Siena e si estende su 780 ettari. Dispone di 13 coloniche, di una villa padronale di grandissimo valore, di tre centri zootecnici, di una chiesa e di una casa canonica, di numerosissime altre strutture (fienili, magazzini, un’ex fornace). Tra le altre cose vanta un allevamento di 1.800 ovini di razza sarda per la produzione del “Pecorino Toscano” e di un allevamento di circa 200 suini della pregiatissima razza della Cinta senese. Produce cereali, ha cinque ettari di oliveto e 260 ettari che fanno parte di un’azienda faunistica venatoria. Le due strutture agrituristiche dispongono di 38 posti letto e di piscine. Il progetto presentato da Regione, Provincia e Comune prevede, tra le altre cose, il mantenimento degli attuali rapporti convenzionali con l’Istituto Zootecnico Siciliano e con altri enti o istituti di sperimentazione; lo sviluppo delle attività agrituristiche; la reintroduzione dell’allevamento della razza chianina (e più in genere di razze in via d’estinzione) e la produzione del latte d’asina. Di particolare rilievo saranno anche le attività sociali, con l’utilizzo di una o più strutture poderali per l’accoglienza di minori disagiati e di donne maltrattate ma anche con la creazione di una vera e propria “Fattoria didattica della legalità” progettata assieme ad Arci e a Libera.
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Rosanna Paliotta