La qualità del tartufo italiano allontana l’invasione cinese. Export vola al +25%

Tartufi cinesi? No grazie. Ogni anno ben 800 tonnellate di tartufi per un valore di oltre 15 milioni di euro, lasciano la Cina per entrare nei mercati di tutto il mondo, fra cui anche l’Italia. Ma il quantitativo di tartufo “made in China” che arriva in Italia sembra minimo: in generale (dati Istat) l’Italia nel 2007 ha importato (ufficialmente non solo dalla Cina) 6,3 tonnellate di tartufi (nel 2006 erano 7,2 ton.) a fronte di 80,3 tonnellate di tartufo esportato (60,8 nel ’06) – crescita del 25% – per un valore di 18 milioni di euro. Il quadro è emerso durante le discussioni tra i partecipanti di Tuber 2008, il congresso internazionale sul tartufo in programma a Spoleto (Pg), fino a venerdì 28 novembre, che vede la partecipazione di 250 ricercatori provenienti da 25 Paesi di tutto il mondo. Parte del prodotto italiano che va nell’export in realtà è prodotto trasformato, dal momento che in Italia, la produzione naturale media è di 50-60 tonnellate annue, per un giro d’affari di circa mezzo miliardo di euro.

Non passa il tartufo straniero – Insomma, nonostante altri Paesi europei importino grandi quantità di tartufi provenienti dalla Cina (si stima 100 tonnellate annue) di qualità inferiore rispetto agli europei – come dimostra anche il prezzo del tartufo cinese che costa solo 2 euro al kg, contro gli 800 euro al kg di un tartufo nero italiano – i controlli alle nostre frontiere sembrano funzionare bene. Questo grazie ad una legislazione italiana (la legge 752/85) molto precisa in materia che regolamenta la raccolta e il commercio dei tartufi freschi e di quelli conservati. "Il tartufo cinese – spiega Vincenza Campagnani, presidente della Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano organizzatrice di Tuber 2008 – secondo le nostre leggi non dovrebbe proprio entrare in Italia, e infatti il quantitativo che riesce ad entrare attraverso Paesi terzi è minimo. Da Tuber 2008 abbiamo lanciato un messaggio chiaro e netto contro ogni tipo di contraffazione e di commercio illegale del tartufo, a difesa soprattutto dei consumatori e dei tartufai italiani che portano, grazie al tartufo, in alto il made in Italy nel mondo". Ma come riesce ad entrare un minimo di tartufo cinese? "Il problema – sottolinea – è stato aggirato in quanto alcuni trasformatori dichiarano di lavorare, in Italia, il tartufo cinese importato da altri Paesi (tra cui Belgio, Francia, Spagna) solo per il mercato estero dove è ammessa la commercializzazione".

Truffa facile – Il costo esiguo del tartufo cinese si adatta bene alle frodi, sia da fresco che da conservato, in vasetti e creme con aggiunta di parti di tartufo nero o del suo aroma chimico. La potenziale frode con il tartufo cinese risulta facile, perché dopo la sterilizzazione prevista per legge se il tartufo è destinato alla lunga conservazione (al fine di abbattere la carica batteriologica). I tartufi infatti perdono gran parte del loro odore e sapore: proprio per questo solitamente vengono inseriti degli aromi chimici per dare una parvenza di odore di tartufo al prodotto.

Minaccia genetica – Il tartufo cinese rappresenta inoltre una minaccia anche per l’ambiente: durante un controllo in una tartufaia artificiale nelle vicinanze di Torino, i ricercatori dell’Istituto per la protezione delle piante (Ipp) del Consiglio nazionale delle ricerche di Torino hanno individuato DNA di tartufo cinese (Tuber indicum) nel suolo e sulle radici. "E’ la prima volta che questa specie originaria dalla Cina – ha sottolineato Wang Yun, ricercatore neozelandese di origine cinese – viene identificata in un ecosistema europeo e dimostra come questa specie sia stata utilizzata, probabilmente in maniera accidentale, per inoculare delle piantine da mettere a dimora in suoli italiani. Quindi il problema, oltre alla importazione dei tartufi dalla Cina, si trova sulle modalità di micorrizazione delle piante nei vivai, evitabile solo con l’acquisto di piante controllate e poi certificate da istituti di ricerca abilitati e preparati. Uno di questi è presso la Facoltà d’Agraria di Perugia".

Congresso mondiale – Tuber 2008 è organizzato dalla Comunità Montana dei Monti Martani e del Serano, che fin dalla sua istituzione si è interessata alla tartuficoltura, e alla Sezione di Botanica Ambientale e Applicata del Dipartimento di Biologia applicata della Facoltà di Agraria di Perugia, che è una delle poche strutture del centro Italia ad occuparsi di tartufi e tartuficoltura. Hanno collaborato alla realizzazione dell’evento il Comune di Spoleto, che ha ospitato anche le precedenti due edizioni del Congresso e il 3A Parco Tecnologico Agroalimentare dell’Umbria. Info su www.tuber2008.it

 

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