L’agricoltura italiana e’ in ritardo rispetto ai principali competitor europei. E’ quanto emerge dall’XI Rapporto Nomisma, promosso da Confagricoltura presentato a Roma. Si tratta, si legge nella ricerca, di ”un ritardo strutturale”, infatti, a fronte di una media comunitaria di circa 12 ettari di Sau (superficie agricola utilizzata) per azienda, l’Italia continua a contrapporre un valore inferiore, pari a poco piu’ di 7 ettari, contro i 49 della Francia e i 44 della Germania. Il ”nucleo” delle imprese piu’ dimensionate (quelle con un’ampiezza poderale superiore ai 50 ettari) pesa appena il 2% nel nostro paese mentre raggiunge il 35% in Francia e il 22% in Germania.
Le criticità – Un altro fattore di ”ritardo”, oltre a quello strutturale, risiede nello scarso ricambio generazionale dei capi di azienda, misurato con un indice percentuale tra il rapporto tra i conduttori con meno di 35 anni di eta’ su quelli over 65. Percentuale che in Italia si attesta all’8%, mentre in Germania e’ del 125%, in Francia del 66% con una media comunitaria del 22%”. In questo quadro si inseriscono poi dei fattori di criticita’ che Nomisma ha rilevato con un’indagine su un campione di 500 imprese su tutto il territorio nazionale: accesso al mercato finale, adempimenti amministrativi, accesso al credito e manodopera, i fattori che vengono percepiti come critici. Secondo le imprese, l”’annosa questione irrisolta della semplificazione burocratica” fa perdere ogni anno piu’ di 60 giornate.
Il futuro dell’agricoltura – Alla presentazione del Rapporto è intervenuto anche Antonio Marzano, presidente del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro)secondo cui “è arduo prevedere in che direzione andrà l’agricoltura mondiale dei prossimi anni, ma qualche dato può aiutare a capire quale sia l’importanza del settore, infatti molte previsioni indicano che entro 40 anni la popolazione mondiale salirà sino a raggiungere i 9 miliardi di abitanti e tutte queste persone dovranno nutrirsi e non tutti delle stesse cose . Nel Nord del mondo, nella parte ricca, la popolazione crescerà di circa 30.000.000 di abitanti, relativamente poco; nel Sud del mondo crescerà, invece, di 2,5 miliardi”. “Possiamo, dunque, pensare ad un futuro in cui avremo bisogno di un sistema agricolo molto efficiente e molto produttivo, anche per sfamare i nati che verranno – ha aggiunto Marzano – . Il mondo intero, anche quello “ricco”, deve interrogarsi sugli effetti della penuria di prodotti agro-alimentari, che hanno visto il riproporsi di problemi che sembravano dimenticati: rivolte per il pane nel vicino Egitto; difficoltà per i Paesi poveri di approvvigionarsi degli alimenti base per le loro popolazioni; misure da “stato di guerra” in diverse nazioni, con il blocco delle esportazioni di prodotti agro-alimentari e violentissime proteste degli agricoltori locali, come accaduto ad esempio in Argentina. Dunque l’agricoltura, non a caso definito settore primario, non può essere trascurata nei piani di sviluppo e investimento dei vari paesi sia per le sue positive ricadute occupazionali sia per la necessità dei suoi prodotti”.