Per i produttori di Chianti è in arrivo altra burocrazia. Ne avrebbero fatto a meno i viticoltori del Chianti di un nuovo sistema di controlli, previsto dalla riforma Ocm vino. Lo sottolinea il Gruppo di interesse economico (Gie) Settore Vitivinicolo dell’area del Chianti (della Cia Toscana) viste le ultime novità emerse riguardo alla disciplina dei vigneti Chianti, esprimendo le proprie perplessità, ma anche proposte di fattiva collaborazione in una lettera inviata al presidente del Consorzio del Vino Chianti (prodotto nelle province di (Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena).
Troppa burocrazia – “Un nuovo sistema di controlli – afferma la Cia Toscana -, che si andrà ad aggiungere alla troppa burocrazia già esistente e che in un momento di forte crisi economica, come quello attuale, risulterà letteralmente asfissiante per molte aziende del settore”. Normalmente infatti – ha calcolato la Confederazione italiana agricoltori regionale – ogni azienda agricola toscana spende in un anno ben 7mila euro e “sacrifica” 100 giornate lavorative per gli adempimenti burocratici di routine. E’ evidente però che qualità e controllo devono andare sempre di più di pari passo – chiarisce il Gie vitivinicolo del Chianti -, e perciò ogni produttore, compreso il viticoltore del Chianti, accetta di buon grado di sottoporsi al controllo di un’autorità superiore, allorché questo venisse percepito non come intoppo o problema, bensì come importante occasione di valorizzazione del prodotto.
Più controlli, maggiore qualità – Nell’ottica del legame tra controllo e qualità, i produttori di Chianti non osteggeranno una nuova supervisione; al contempo però richiedono che produzione e controllo condividano la definizione degli obiettivi e la definizione delle regole e delle procedure di controllo. “Come produttori – sottolinea Paolo Fabrizzi, coordinatore del Gruppo interesse economico del Chianti -, crediamo che attraverso il controllo e la certificazione si possa ottenere un miglioramento qualitativo e del prodotto; nonché la sua valorizzazione economica, in modo che la remunerazione per le aziende superi i costi sostenuti per ottenere la certificazione”. Un adeguato sistema di controlli potrebbe infatti garantire quantità, qualità e remunerazione. Purtroppo, però, – dicono i produttori – siamo costretti a parlare al condizionale perché ad oggi, nonostante le ripetute ispezioni a cui è stata sottoposta la viticoltura toscana, negli ultimi tre secoli (dall’introduzione del catasto dei vigneti ad opera di Cosimo III de’ Medici nel 1716 fino all’ultimo censimento del 2000 che ha aperto la strada all’erga-omnes), questi risultati non sono ancora stati raggiunti. “E’ quanto mai opportuna – precisa Alessandro Del Carlo, della presidenza della Cia Toscana – la definizione “partecipata” di regole chiare e con valenza generale nell’ambito della definizione del sistema di controllo, attraverso un contatto aperto e permanente fra singoli produttori e rappresentanti di categoria in seno agli organi decisori”. Se è vero – aggiunge Del Carlo – che nessun viticoltore può autocertificare la qualità del proprio prodotto, è altrettanto legittimo pretendere che i produttori siano controllati e certificati con un sistema che garantisca competenza, condizione di super partes, e costi sostenibili dalle imprese”. “Inoltre, – conclude Del Carlo – per i produttori che fanno riferimento a diverse denominazioni, è auspicabile che possano avere in prospettiva un unico interlocutore per i controlli”. Il mancato raggiungimento degli obiettivi proposti – conclude il Gie vitivinicolo del Chianti – sarà per noi il chiaro segnale di un sistema lacunoso e improduttivo, che ci vedrà costretti ad intraprendere azioni proporzionate alla gravità della situazione.