"Fra qualche anno l’insetto sarà diffuso al punto che dovremo ragionare su una convivenza fra mais e diabrotica". La frase è di quelle da togliere il sonno agli agricoltori, soprattutto se a pronunciarla nel corso di un’intervista ai giornalisti di Fieragricola-Veronafiere è il professor Amedeo Reyneri, ordinario di Ecologia ambientale e sistemi agricoli all’Università di Torino (Facoltà di Agraria) e super-esperto di filiere cerealicole. Che quest’anno la diabrotica fosse un problema affacciatosi in maniera dirompente sull’agricoltura italiana non era un mistero. L’insetto si è infatti diffuso in maniera piuttosto massiccia in molte aree della Pianura padana (che Reyneri elenca facendo anche alcuni riferimenti geografici: "Brescia, Cremona, Lodi, Novara e in parte Torino, con esclusione di quello che potremmo definire l’Est padano e l’Est veneto"), ma anche dell’Europa Centro Orientale.
L’insetto milionario – Una presenza talvolta così radicale che della diabrotica – negli Stati Uniti ribattezzata "billion dollar bug", ovvero l’insetto da un miliardo di dollari per la portata dei danni provocati all’indotto ("problemi gestiti con l’introduzione del mais Bt", afferma il professore) – se ne è occupato nei giorni scorsi, con un articolo piuttosto allarmistico in prima pagina, anche il quotidiano francese Le Monde. E questo nonostante in Francia siano estremamente ridotti per numero e per dimensione i focolai di diabrotica, localizzati solamente nell’area orientale del Paese, in prossimità del confine con la Svizzera. "Apparsa nei primi anni Novanta nei Balcani – ricorda il professor Reyneri – la Diabrotica virgifera virgifera, dopo anni senza aver provocato molti disastri, quest’anno invece ha avuto larga diffusione". Il motivo, secondo Reyneri, deve essere individuato nell’andamento stagionale dell’inverno: "E’ stato molto umido, cosicché le uova sono sopravvissute in misura molto superiore agli anni precedenti, lasciando poi spazio a moltissime larve". La conta dei danni provocata dall’insetto, avverte il docente universitario, "non è ancora stata ultimata in termini economici. E si dovrà distinguere il danno diretto dovuto all’allettamento della pianta, che non sembra a prima vista elevatissimo, da quello indiretto, inteso come ripercussione sulle rese e sugli aspetti qualitativi della granella di mais". Sono chiari, invece, sia gli effetti della diabrotica sul mais che la dinamica di azione sulla pianta. Allo stadio larvale avviene un attacco all’apparato radicale del mais, mentre una volta adulti la diabrotica danneggia le foglie e le sete.
Danni – "I maggiori danni sono provocati dalle larve – specifica Reyneri -. Se mangiano uno, due, tre palchi radicali causano l’allettamento della pianta. E una pianta a terra produce poco, va in stress idrico, ostacola la crescita delle altre piante e persino la fase di raccolta in campo". Come ostacolare la diffusione dell’insetto, premesso come appunto sostenuto dal professor Reyneri che per il futuro si dovrà sempre più ragionare su una convivenza della coltura del mais con la diabrotica? «Ci si dovrà muovere su più fronti», avverte il docente universitario, «favorendo la lotta integrata sia preventiva che diretta. Senza tralasciare i metodi di contrasto indiretti, come la semina anticipata e un’adeguata disponibilità di acqua per la pianta, in modo da contrastare lo stress idrico innescato dall’attacco agli apparati radicali".
Rotazione – Secondo Reyneri, inoltre, un elemento chiave sarà senz’altro "la rotazione o l’avvicendamento colturale". Trattandosi di un insetto monofago, abbandonare il mais e alternarlo con altre coltivazioni "senza dubbio riduce l’aggressività della crisomele". Certo, poi il mais dovrà essere alternato a colture che in campo rendono meno in termini economici. L’applicazione della rotazione, inoltre, si scontra in quelle aree a forte vocazione zootecnica come ad esempio la Pianura padana, nella quale la monocultura maidicola è in molti casi la regola aziendale. Nel caso di lotta agli insetti ormai adulti, Reyneri suggerisce "interventi insetticidi, esattamente come contro la piralide". Certo, finché era possibile, uno strumento che si è dimostrato efficace a contenere la diabrotica è stata la concia del mais, "elemento frenante", tuttavia al momento vietato come trattamento preventivo, per una presunta correlazione fra la pratica della concia e la moria di api. "Il divieto alla concia è in vigore fino a fine settembre – avverte il professor Reyneri – poi dovrà essere nuovamente esaminato e discusso".