L’agresto di San Miniato, la pera picciola. Ma anche la susina amoscina nera o il salume Tizzone di Giustagnana. Sono solo alcuni dei 465 prodotti tradizionali della Toscana, oggi alla ribalta, che devono essere tutelati e rilanciati per fare economia e permettere la sopravvivenza dei territori rurali marginali. Sulla scia di quelli che “ce l’hanno fatta” come la ciliegia di Lari o il Pollo del Valdarno. E’ quanto sottolinea la Cia Toscana, che oggi a Firenze presso l’Accademia dei Georgofili, ha organizzato la tavola rotonda dal titolo “Prodotti agroalimentari tradizionali: un’opportunità da valorizzare”.
Recupero delle produzioni locali – “Le produzioni tradizionali – ha affermato Giordano Pascucci, presidente della Cia Toscana – possono rappresentare una modalità efficace di qualificazione di produzioni agricole e artigianali alimentari, di limitate dimensioni produttive”. Un sistema efficiente che qualifichi i prodotti tradizionali può rilanciare le produzioni e creare nuove opportunità di reddito e di sviluppo nelle aree rurali – spiega la Cia Toscana – in modo diverso e integrativo, e non sostitutivo, a quello dei prodotti a denominazione di origine. Le Dop e le Igp (19 in totale in Toscana, oltre a 45 vini a Denominazione riconosciuti in tutta la regione) devono restare uno strumento fondamentale per un numero limitato di produzioni pregiate e sufficientemente attrezzate.
Il progetto – La Cia Toscana, in occasione dell’appuntamento fiorentino, ha presentato il progetto ed esperienze già svolte, realizzato in collaborazione con Agia e Cipaat Sviluppo Rurale della Toscana e cofinanziate da Arsia, per il recupero di alcuni prodotti tradizionali regionali. “Con queste esperienze – ha detto Roberto Scalacci, curatore del progetto – si dimostra che si possono coniugare positivamente la salvaguardia della biodiversità, recuperando le produzioni tradizionali, e la sua valorizzazione promuovendo opportunità di crescita per le imprese, non solo agricole, e di sviluppo per le aree rurali”. La caratterizzazione di prodotti destinati solo a mercati locali deve essere attuata anche attraverso rivendicazioni diverse dal complesso e oneroso procedimento di registrazione dei prodotti a denominazione di origine a livello europeo.
Informazione e sicurezza – Per la Cia Toscana occorre agevolare la percezione dell’interesse che la “Tradizione” può suscitare e creare altri strumenti di garanzia dell’autenticità delle produzioni agroalimentari tradizionali. “In questo senso – ha ricordato Carlo Pagliacci, DG Agricoltura – Commissione Europa -, va migliorata la strategia per fornire alla UE gli strumenti idonei per migliorare la comunicazione di informazioni tra agricoltori e produttori e fra acquirenti e consumatori”. Fra le possibilità attuabili la sostituzione del marchio STG (Specialità tradizionali garantite) con un nuovo marchio che valorizzi e tuteli i prodotti tradizionali di super-nicchia come i molti presenti in Toscana. “Fra i problemi principali – ha detto Alessandra Alberti del Cipaat Toscana – quello di garantire la sicurezza sanitaria anche nelle pratiche tradizionali di produzione. Il produttore deve quindi essere informato, professionalizzato, che sappia affrontare le difficoltà afferenti l’organizzazione commerciale e la valorizzazione delle produzioni. C’è quindi la necessità di consulenza, di formazione professionale, di progetti locali di animazione rurale. Anche in questo caso i servizi di sviluppo agricolo dovrebbero avere un ruolo strategico, per la promozione nei consumatori, e per ricostruire le filiere produttive a livello locale. “Sono prodotti che rappresentano un patrimonio culturale eccezionale” ha detto Natale Bazzanti dell’Arsia; “E’ necessario facilitare la scelta ai consumatori, quindi semplificare le etichette e farne riconoscere la qualità” ha aggiunto Stefano Barzagli della Regione Toscana.