Produzione con segno negativo del 15 per cento, ma di ottima qualità. Così si annuncia l’annata olivicola ed olearia 2009-2010, appena iniziata, che vedrà l’esordio dell’etichetta d’origine. Ma per gli agricoltori sarà ancora un anno di grandi difficoltà con i prezzi in decisa flessione (meno 20 per cento) e con i costi in forte accelerata. E’ quanto sottolinea la Cia-Confederazione italiana agricoltori che mostra serie preoccupazioni per il settore che, come gli altri comparti agricoli, sta vivendo un momento difficile, di piena emergenza. La produzione totale olivicola e olearia -afferma la Cia sulla base delle prime stime- si dovrebbe aggirare a poco più di 510 mila tonnellate contro le oltre 600 mila tonnellate dello scorso anno. La diminuzione -dovuta essenzialmente alle condizioni climatiche che hanno pesato sulle fasi di maturazione delle olive- coinvolgerà un po’ tutte le regioni, in particolare quelle centrali (in media un meno 30 per cento), mentre cali più lievi (tra il 10 e il 15 per cento) si dovrebbero registrare in regioni fortemente vocate all’olivicoltura come Puglia, Calabria e Sicilia.
Prezzi – A condizionare il mercato -ricorda ancora la Cia- saranno i bassi prezzi pagati ai produttori, sia per le olive che per l’olio. Solo nelle ultime settimane, anche a causa di una produzione abbondante in paesi concorrenti come Spagna, Tunisia e Grecia le quotazioni sono scese in maniera drastica. Ad aggravare lo scenario ci sono poi i pesanti costi produttivi, contributivi e burocratici che, in alcune zone, non hanno permesso la raccolta, perché non remunerativa e addirittura in perdita.
Raccolta – Questa campagna, comunque, si confronterà per la prima volta con l’obbligo, entrato in vigore lo scorso primo luglio, dell’indicazione in etichetta l’origine dell’olio extra vergine di oliva. Si tratta -afferma la Cia (che da sempre si è battuta per una misura in tal senso)- di un provvedimento importante, attraverso il quale si impedisce di ingannare i consumatori vendendo come italiano un olio ricavato, invece, da miscugli diversi e soprattutto da olive provenienti da altri Paesi, come Grecia, Tunisia e Spagna. Un fenomeno, questo, molto diffuso e che ogni anno provoca al nostro settore olivicolo un danno superiore ai 500 milioni di euro.
Vendite – Nei mercati -sottolinea la Cia- si trova, infatti, olio straniero sempre più in abbondanza. Oggi su tre bottiglie due sono di olio estero, ma i consumatori italiani non lo sanno e le comprano come prodotto nazionale, in quanto manca una precisa informazione. Il nuovo regolamento va, quindi, nella direzione giusta. Si giunge finalmente ad una completa trasparenza, garantendo sia i consumatori che i produttori i quali, in questo modo, sono più tutelati. Insomma, uno stop deciso ai falsi oli d’oliva <<made in Italy>>.
Aiuti economici – Per la Cia, tuttavia, il problema più urgente è quello di mettere i produttori olivicoli nelle condizioni di operare adeguatamente sul mercato. Da qui la richiesta -che è racchiusa nella piattaforma predisposta per la mobilitazione che si sta svolgendo in questi giorni in tutto il territorio nazionale- di interventi concreti e immediati a sostegno delle imprese che, altrimenti, rischiano di chiudere i battenti. C’è bisogno di misure, sia sul fronte tributario che su quello contributivo (fiscalizzazione degli oneri sociali) e burocratico, che permettano di ridurre i gravosi costi. Mentre, per quanto riguarda i prezzi, sarebbe opportuno procedere al ritiro dal mercato di un determinato quantitativo di olio d’oliva da destinare a scopo solidaristico. Questo -conclude la Cia- permetterebbe di ridare vigore a listini che ogni giorno di più registrano forti cadute.