Tutela del paesaggio ma senza imbalsamare l’attività agricola; la poca remunerazione per gli agricoltori che porta alla sempre più vistosa mancanza di manodopera. E poi un “vigneto Toscana” ritenuto eccessivo in termini quantità, perché è sempre un pericolo per l’economia di una zona puntare sulla monocultura. Lo dice Franco Scaramuzzi, presidente dell’Accademia dei Georgofili, in un’intervista esclusiva ad agricultura.it (anche audio)
Professor Scaramuzzi, come si possono coniugare tutela del paesaggio e produttività dell’agricoltura?
Si deve poter coniugare non paralizzando, non imbalsamando le attività agricole che sono attività imprenditoriali, quindi devono essere assolutamente libere di innovarsi per essere competitive. Ma tutelando le aree agricole affinché non vengano usate per urbanizzare ulteriormente e decurtare progressivamente in maniera irreversibile la Sau, superficie agraria utilizzata. Tutelando le aree agricole e lasciando libertà agli agricoltori di coltivare quello che ritengono più opportuno ed utile, avremo paesaggi agrari che cambieranno nel tempo come sempre sono cambiati attraverso i secoli, che ci daranno la gioia del verde e il piacere di vedere paesaggi vivi e non paesaggi morti.
Quanto ha influenzato la fine della mezzadria per il paesaggio toscano?
Completamente tutto, perché nel podere mezzadrile il contadino curava sia le piante che gli animali allevati, ma curava anche il terreno la regimazione delle acque e quant’altro. L’abbandono delle terre da parte delle maestranze agricole richiamate dalle industrie delle grandi città hanno provocato dei danni notevoli. L’agricoltura ha pagato lo scotto dell’industrializzazione del paese, oggi manca manodopera in agricoltura perché i redditi che questa può dare a chi ci lavora sono inferiori quasi della metà rispetto ai redditi degli altri settori produttivi. Quindi chi lavora è attratto da un reddito maggiore, lascia agricoltura e rimane anche nella stessa area comunale ma lavora nel commercio nell’industria nel turismo e quant’altro. Abbiamo la fortuna di avere degli immigrati che vengono e sopperiscono alla mancanza di manodopera, ma quando saranno stabilizzati, anche loro saranno attratti da un lavoro più remunerativo. E quindi l’agricoltura continuerà ad essere destinata a rimanere povera, se non si raggiunge un equilibrio tra dei redditi di chi vi lavora rispetto agli altri. Questo deve mirare innanzitutto ad un equilibrio di chi lavora in tutti i segmenti delle filiere alimentari, per esempio, che partano dall’agricoltura e finiscono al consumatore, ma danno ai lavoratori delle varie fasi intermedie redditi superiori a quelli agricoli.
In vari momenti ha ricordato che ci sono troppi vigneti in Toscana. Perché questo potrebbe essere un pericolo per l’agricoltura?
Perché se il mercato del vino dovesse avere dei problemi, non sarebbe danneggiato più parzialmente come nel podere mezzadrile – dove c’era il campo della vigna, o la vigna consociata ad altre colture -, ma l’economia era basata su molte colture diverse e allevamenti. Qui abbiamo solo la coltura della vite, non solo nell’ambito della stessa azienda, ma di uno stesso comune o areale, basta guardare sorvolando la Toscana il paesaggio che si presenta sotto di noi, vediamo che il vigneto ha scardinato qualsiasi precedente paesaggio e si è sviluppato in maniera assolutamente prioritaria. Se il mercato dovesse andar male, o se un attacco parassitario come la famosa fillossera dovesse intervenire, o comunque un danno da cambiamento ambientale sarebbe l’economia di un’intera zona, di un intero comune o provincia, a soffrire.
Franco Scaramuzzi, presidente Accademia dei Georgofili (fonte www.polistampa.com)
Franco Scaramuzzi, nato a Ferrara il 26 dicembre 1926, è Professore Emerito e medaglia d’oro dell’Università di Firenze. Si è laureato in Scienze Agrarie nel 1948 con il massimo dei voti e lode. Grazie ad una borsa di studio ha subito iniziato la propria attività presso l’Università di Firenze. Nel 1954 ha conseguito la libera docenza in Coltivazioni Arboree. Nel 1959 ha vinto il concorso per l’omonima cattedra presso l’Università di Pisa. Nel 1969 è stato chiamato a coprire il posto che era stato del suo Maestro (A. Morettini) nell’Università di Firenze. Nel 1971 ha costituito in Firenze il Centro del CNR per gli Studi sulla Propagazione delle Specie Legnose che ha diretto fino al 1979. La sua attività scientifica è stata dedicata soprattutto al miglioramento genetico ed alla propagazione delle specie legnose da frutto, con particolare riguardo a temi di studio della biologia applicata. Ha pubblicato oltre 200 lavori ed ha partecipato, quale relatore, a numerosi congressi scientifici in Italia e all’estero. Ha visitato e compiuto soggiorni di studio presso numerose Istituzioni e Centri di ricerca in tutti i Paesi Europei, nonché in America (Canada, Stati Uniti, America Latina), in Australia, in numerosi Paesi dell’Africa (nord, centro e sud) e dell’Asia (Medio Oriente, India, Indocina, Giappone, Cina). Il Presidente della Repubblica nel 1983 lo ha insignito di medaglia d’oro quale “Benemerito per la Scuola e la Cultura” e nel 1998 gli ha conferito la massima onorificenza dell’ordine al merito (“Cavaliere di Gran Croce”) della Repubblica Italiana. Membro di numerose Accademie italiane e straniere, tra le quali l’Accademia delle Scienze Agrarie dell’Unione Sovietica (e oggi della Russia), è stato Presidente Generale ed ora Presidente Onorario della Società Orticola Italiana, così come dell’Accademia Italiana della Vite e del Vino. È stato Presidente della International Society for Horticultural Sciences della quale è ora “Honorary Member”. è Membro onorario anche di diverse Accademie, italiane e straniere. L’Università di Bucarest gli ha conferito la laurea Honoris Causa. Ha diretto per molti anni la "Rivista dell’Ortoflorofrutticoltura Italiana" (oggi "Advances in Horticultural Science") di cui è ora direttore responsabile. Nel 1972 è stato eletto rappresentante dei Professori ordinari nel Consiglio Nazionale delle Ricerche ove, per un quadriennio, ha presieduto il Comitato Nazionale per le Scienze Agrarie, ed ha fatto parte del Consiglio di Presidenza nonché della Giunta Amministrativa dell’Ente. È stato eletto per due legislature, dal 1979 al 1986, rappresentante dei Professori ordinari di tutte le Facoltà di Agraria italiane nel Comitato Universitario Nazionale. Nel novembre 1979 è stato eletto Rettore dell’Università di Firenze e rieletto altre tre volte (nel 1982, nel 1985 e nel 1988), mantenendo tale carica per 12 anni consecutivi. È Presidente dell’Accademia dei Georgofili dal 1986 e della Società San Giovanni Battista dal 2001.