“Proporre e sostenere un’agricoltura identitaria, che tenga conto della realtà di ogni popolo e di ogni Paese”. Lo ha dichiarato il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia, nel suo intervento di oggi, al vertice romano sulla fame nel mondo. Le parole di Zaia, in linea con l’Enciclica Caritas in Veritate e con il discorso del Papa ascoltato ieri a Roma, suonano forti, quasi ad aumentare l’eco delle pesanti assenze e della mancanza di stanziamenti, registrati per il summit Fao. Se “il cibo è un bene di tutti” come ha dichiarato Benedetto XVI, è altrettanto vero che a Roma è mancata la sensibilità economica per sostenere questo precetto, dal vertice infatti non è emerso nessuno stanziamento economico per aiutare le popolazioni in condizione di sottoalimentazione, che nel mondo ammontano a 1,02 miliardi di persone. Il direttore generale della Fao Jacques Diouf, non ha voluto negoziare il documento approvato ieri, perché, ha dichiarato, mancano “termini, scadenze, quantità e condizioni”, in altre parole, sono state fatte molte promesse, alle quali però non sono seguite le cifre monetarie per realizzarle. L’Italia, è stata tra i pochi grandi Paesi che hanno partecipato al World Food Summit. Oltre al Presidente del Consiglio è intervenuto anche il Ministro Zaia, che ha chiarito la posizione del nostro Paese nella lotta contro la fame nel mondo, dichiarando che “bisogna interrompere quel circolo vizioso che rende dipendenti i Paesi poveri e lascia nella miseria le loro popolazioni, disintegrandone la dignità”.
Sviluppo rurale – Come ha spiegato Zaia, citando le parole del Papa, è necessario promuovere “lo sviluppo agricolo dei Paesi più poveri mediante investimenti in infrastrutture rurali, in sistemi di irrigazione, in trasporti, in organizzazione dei mercati, in formazione e diffusione di tecniche agricole appropriate, capaci cioè di utilizzare al meglio le risorse umane, naturali e socio-economiche maggiormente accessibili a livello locale”. “Per anni abbiamo confidato in una crescita senza limiti – ha aggiunto il Ministro Zaia, sottolinaendo l’illusione secondo la quale – il mercato si sarebbe autoregolato e che avremmo avuto in dote magnifiche sorti – mentre invece, prosegue Zaia – abbiamo visto apparire le speculazioni nel settore primario. Il grano, il riso, il mais, la soia, che non sono merci come le altre. Sono la base della sopravvivenza degli uomini su questo pianeta. Sono il pane del mondo. Uno dei passaggi più importanti della Dichiarazione dei Ministri dell’agricoltura G8 è stato trovare un punto etico comune riguardo alla lotta alle speculazioni, attraverso l’individuazione di meccanismi di monitoraggio coordinati a livello internazionale. Si può giocare in borsa, ma non si può giocare con la vita dell’umanità”.
Collaborazione e multilateralismo – Per realizzare concretamente gli obiettivi, il Ministro Zaia ha avuto colloqui bilaterali con i ministri dell’agricoltura dell’Angola, dell’Australia, di Capo Verde, del Ghana, del Sudan e dell’Autorità Nazionale Palestinese, per cercare di promuovere azioni condivise. “Con i miei colleghi – ha detto il Ministro – abbiamo discusso della collaborazione che si può instaurare tra l’Italia e i rispettivi Paesi per potenziare lo sviluppo rurale e l’imprenditoria agricola locale e per sviluppare in questo modo il mercato e gli scambi commerciali con ciascuno di essi”. Il governo angolano, ad esempio, ha chiesto la collaborazione dell’Italia per avviare lo sviluppo della piccola imprenditoria agricola, la meccanizzazione e la formazione professionale. Una proposta al vaglio è di coinvolgere alcune imprese private per finanziare il progetto per la creazione di un testo di formazione in materia agraria per gli istituti tecnici dell’Angola.
Centralità dell’agricoltura – Il Ministro Zaia crede che dalla fame “si esce solo grazie all’agricoltura, come ha dichiarato oggi, spiegando che – bisogna dare la possibilità all’Africa di nutrire i suoi figli con i prodotti della terra africana, con il frutto del sudore e della fatica degli agricoltori e di una agricoltura che sia espressione delle rispettive comunità locali. Per fare questo bisogna puntare sui piccoli agricoltori, sulle donne, sui giovani, potenziando il loro accesso alla terra. Ed è necessario fornire gli strumenti per sviluppare la loro propria agricoltura, non solo in termini di formazione ma anche nel senso, concretissimo, degli arnesi indispensabili per esercitare il proprio mestiere”.