Sono circa 7 mila le imprese agricole condotte dagli extracomunitari. In pratica, l’1,2 per cento del totale. A gestirle sono soprattutto tunisini, marocchini, albanesi, montenegrini, macedoni e serbi. Ad essi si affiancano oltre 92 mila lavoratori dipendenti sempre extracomunitari (di cui 18.000 a tempo indeterminato e 74.000 a tempo determinato), che provengono in particolare dal Marocco, dall’India, dal Pakistan, dalla Tunisia, dall’Albania. Oltre il 40 per cento sono impiegati nella produzione delle colture arboree e nella raccolta della frutta, il 30 per cento nella raccolta di ortaggi e pomodori, il 14 nell’allevamento di bestiame (specialmente negli allevamenti di bovini da latte), i restanti nell’agriturismo e nella vendita dei prodotti agroalimentari. E’ quanto segnala la Cia-Confederazione italiana agricoltori in relazione ai fatti di Rosarno sulla base dei dati contenuti nel recente rapporto dell’Istituto nazionale di economia agraria (Inea) proprio sul lavoro nelle campagne degli immigrati.
Crescita – In poco meno di dieci anni -sottolinea la Cia- il numero delle imprese agricole in Italia condotte da extracomunitari è cresciuto di oltre il 40 per cento, mentre circa il 70 per cento degli immigrati (tre su quattro) è inquadrato con contratti regolari, con punte del 91 per cento al Nord e dell’80 per cento al Centro. La presenza di lavoratori extracomunitari nell’agricoltura italiana è concentrata -come rileva lo stesso rapporto Inea- nell’Italia del Nord, in particolare in Trentino (27 per cento), Emilia Romagna (12,7 per cento) e Veneto (10 per cento). Percentuali elevate si registrano anche nel Sud, in particolare Campania (8,5 per cento), Puglia (8 per cento) e Calabria (7,5 per cento). In linea con la situazione generale, la maggiore attrattività per i lavoratori extracomunitari impegnati in attività agricole delle regioni del Nord del Paese -come rileva il rapporto Inea- è dovuta prioritariamente alla più ampia possibilità occupazionale. Relativamente al periodo di impiego, si evidenzia una diffusa prevalenza di utilizzi di natura stagionale, con una attenuazione nei contesti territoriali con significativa specializzazione nel comparto zootecnico e florovivaistico. In continuità con gli anni passati, aumenta l’impiego nelle attività agrituristiche e quello dedicato alle attività di trasformazione dei prodotti agricoli.
155 nazionalità – Gli extracomunitari impegnati nei campi italiani secondo gli archivi INPS appartengono a 155 diverse nazionalità e sono molti i "distretti agricoli" dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso – precisa la Coldiretti – della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l’attività di “bergamini” sono soprattutto gli indiani. Sono circa 30mila le aziende agricole italiane che – conclude la Coldiretti – assumono lavoratori extracomunitari con albanesi, indiani, marocchini, tunisini, macedoni che sono le principali nazionalità dei lavoratori extracomunitari impegnati in agricoltura dove prevalgono i rapporti di lavoro stagionali per le caratteristiche proprie del lavoro nei campi legato ai tempi di raccolta delle produzioni.
Risorsa extracomunitaria – Insomma, i lavoratori extracomunitari rappresentano una risorsa importante per l’agricoltura, specialmente per i lavori stagionali. Per questa ragione -sottolinea la Cia- bisogna fare massima chiarezza nell’immigrazione. E’ indispensabile, quindi, che si intervenga per modificare l’attuale legge Bossi-Fini che non ha finora rappresentato la risposta più efficace. Non solo. Occorre che sul lavoro in agricoltura si porti avanti un discorso mirato a dare organicità a tutto il sistema.
Interventi – Tra gli interventi che la Cia ritiene necessari, oltre quelli contenuti nell’avviso comune in agricoltura, vi sono una profonda revisione dell’attuale normativa sull’immigrazione, una reale semplificazione amministrativa, la riduzione del cuneo fiscale e retributivo anche per i rapporti di lavoro in agricoltura, la regolarizzazione delle figure miste. Nel ribadire l’azione svolta contro l’inqualificabile fenomeno dello sfruttamento del lavoro degli immigrati, la Cia esprime rammarico per quanto avvenuto a Rosarno e sollecita l’esigenza di rivedere e migliorare i canali del lavoro regolare, poiché i ritardi e la carenze di risorse delle amministrazioni competenti hanno spesso reso troppo difficile il reperimento e l’assunzione di lavoratori stranieri stagionali.