Panificatori e Città del Pane si alleano per il pane fresco artigianale

Una petizione popolare nei 25mila forni italiani per chiedere alle istituzioni di chiarire in etichetta la differenza tra pane fresco artigianale e pane conservato. E’ il primo passo dell’alleanza per il pane artigianale siglata oggi tra Città del Pane e la Federazione Italiana Panificatori (Fippa) che danno il via una serie di iniziative per promuovere la cultura del pane, tutelare i consumatori e l’artigianalità dell’arte bianca.

Patto di pane – Tra gli elementi centrali del patto, la realizzazione di programmi di educazione alimentare nelle scuole, rassegne nelle piazze italiane per valorizzare i pani regionali, ma soprattutto azioni per difendere il pane fresco, che da anni rischia di essere confuso con un prodotto diverso che porta lo stesso nome . E’ in virtù di questa mancata chiarezza che Fippa e Città del Pane promuoveranno una raccolta di firme nei 25mila panifici italiani per chiedere ai consumatori di sottoscrivere una petizione indirizzata ai presidenti di Camera e Senato per difendere la trasparenza nella produzione del pane. A rafforzare l’iniziativa anche una lettera aperta al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, per chiedere l’immediata emanazione del decreto previsto dalla Legge n. 248 del 2006.

“Ad oggi il consumatore non ha ancora gli elementi per riconoscere il pane fresco artigianale dal pane conservato – dichiara il presidente della Fippa, Luca Vecchiato – . Parliamo di una distinzione che doveva essere applicata già dal 2007 dopo le liberalizzazioni del Decreto Bersani. Ma il regolamento, nonostante le nostre ripetute richieste, non è stato mai emanato. Applicarlo è ora più che mai necessario – continua Vecchiato – non solo per i panificatori ma anche per il consumatore. Pochi sanno che solo il 10% del prodotto venduto nella GDO è fresco e che meno del 3% dei supermercati hanno forni dove si prepara artigianalmente il pane. Spesso – prosegue Vecchiato – il consumatore ha l’illusione di comprare pane fresco nella GDO, perché ‘appena sfornato’, ma in molti casi può essere surgelato o prodotto altrove, anche fuori dall’Ue, ad esempio in Ucraina”.

Secondo la Fippa, basterebbe applicare per il pane quanto accade già per il latte, denominando pane fresco il prodotto che non ha subito congelazione o altri metodi di conservazione e pane conservato gli altri tipi di pane, indicando anche il metodo di produzione e le modalità di conservazione e consumo. Le differenze tra i due prodotti sono infatti sostanziali: per il pane artigianale occorrono acqua, farina, sale e la lievitazione di una notte; per il pane industriale si possono avere tempi di preparazione molto ridotti e numerosi ingredienti aggiuntivi. Per mantenere la morbidezza e una più lunga resistenza all’invecchiamento, ad esempio, il pane industriale conservato può venire addizionato con conservanti (E282 proprionato di calcio), antiossidanti (E300, acido ascorbico), emulsionanti (E 472 esteri acetil tartarici). Inoltre il metodo più usato per produrre il pane conservato richiede grandi quantità di lievito: il risultato è un pane pieno d’aria e acqua con l’aggiunta di grassi e sale per compensare la mancanza di sapore.

Per il presidente di Città del Pane (47 città associate in Italia), Maurizio Marchetti: “Abbiamo siglato un patto importante per tutelare tipicità e specificità del pane artigianale italiano. Un patrimonio inestimabile, che conta circa 200 specialità, di cui 95 già iscritte nell’elenco del Mipaaf. Non si possono danneggiare milioni di consumatori ogni giorno e mettere a rischio migliaia di piccole imprese, solo perché alcune società della GDO non vogliono esporre un’etichetta veritiera sul pane congelato”. Un danno, che secondo la Fippa, continua a mettere in crisi un settore del valore di 7 miliardi di euro per 400mila addetti, con 25mila imprese che sfornano in media 100 kg di pane al giorno ciascuna.

 

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