Buona, croccante, profumata e da qualche settimana anche a marchio Stg (specialità tradizionale garantita). La pizza Margherita napoletana ha finalmente ottenuto il riconoscimento dall’Unione Europea, ma attenzione ai falsi. E’ quanto sostiene la Cia-Confederazione italiana agricoltori.
Il marchio – “Il riconoscimento è anche una vittoria – ricorda la Cia – degli agricoltori che si sono sempre battuti affinché per la vera “Pizza Napoletana” venissero usati prodotti tipici e di qualità delle nostre terre. La tutela europea rappresenta, quindi, un’azione concreta davanti al rischio di acquistare un prodotto alimentare trasformato non conforme alla ricetta tradizionale e con ingredienti non consoni al disciplinare. Il prodotto -rileva la Cia – si caratterizza per l’impiego di materie prime selezionate direttamente dal produttore e per le tecniche di lavorazione: farina di grano tenero tipo “00” con l’eventuale aggiunta di farina tipo “0”, lievito di birra, acqua naturale, pomodori pelati o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d’oliva extravergine. Altri ingredienti che possono essere utilizzati nella preparazione della “Pizza Napoletana” sono – come si legge nel disciplinare – l’aglio e l’origano, la mozzarella di bufala campana Dop, il basilico fresco; la mozzarella Stg”.
I rischi – Bisogna, però, fare molta attenzione ai pericoli di falsi e di tarocchi di un prodotto, la “Pizza Napoletana”, che è famosa in tutto il mondo e rappresenta un vero fiore all’occhiello del “made in Italy”. Occhio, quindi, che si tratti di “Pizza napoletana Stg”, specificato dal logo, altrimenti non è quella riconosciuta dall’Europa. Il logo europeo potrà, infatti, essere utilizzato solo se il prodotto è in stretta conformità con il suo disciplinare di produzione. D’altra parte, proprio il nostro agroalimentare è oggetto di un assalto indiscriminato da parte dell’agropirateria internazionale. “Siamo in presenza – afferma la Cia- di un business di 60 miliardi di euro, praticamente poco meno della metà del fatturato agroalimentare italiano. Basti pensare che solo negli Stati Uniti il giro d’affari relativo alle imitazioni dei formaggi italiani supera abbondantemente i 2 miliardi di dollari. E il danno, purtroppo, è destinato a crescere, visto che a livello mondiale ancora non esiste una vera difesa dei nostri Dop, Igp e Stg, che comprendono formaggi, oli d’oliva, salumi, prosciutti e ortofrutticoli”.
I falsi famosi – La situazione è, dunque, di estrema gravità: “Ci troviamo – sostiene la Cia – di fronte ad un immenso supermarket del “falso”, dell’”agro-scorretto”, del “bidone alimentare”. Il più “copiato” tra i prodotti Dop e Igp è il Parmigiano Reggiano. Ad esso appartiene il primato delle imitazioni. Il suo “tarocco” lo troviamo in Argentina, in Brasile, in Giappone, ma anche in Germania e nel Regno Unito. Seguono il Prosciutto di Parma e quello di San Daniele, il Grana Padano, la Mozzarella di bufala e l’Asiago. Da qui l’esigenza di evitare che anche la “Pizza Napoletana”, ora pienamente riconosciuta dall’Ue, si trovi a fare i conti con le falsificazioni, che non danneggiano solo i consumatori, ma anche gli agricoltori e il loro forte impegno per la qualità, la tipicità e la tradizione”.