Geni di Beta amirina sintasi, strictosinidina, delta cadinene sintasi. Non è il contenuto di una medicina, ma alcuni dei 415 geni che svelano i segreti dell’Amarone. Ci sono voluti 3 anni e tutti i recenti progressi della ricerca sulle biotecnologie per permettere all’Università di Verona – che già aveva partecipato al sequenziamento del genoma del Pinot nero – di svelare il mistero dell’appassimento della bacca principe della Valpolicella: la Corvina. Si tratta di una novità assoluta: la Corvina è infatti il primo vitigno autoctono al mondo a cui è stato sequenziato il DNA. La scoperta, presentata oggi a Verona, è la conferma scientifica di quanto viticoltori ed enologi intuiscono da decenni: il vitigno tipico della Valpolicella ha caratteristiche e proprietà del tutto particolari.
Genoma – Infatti, il business che vale un fatturato complessivo all’uscita dalla cantina di 100 milioni di euro e oltre 9 milioni di bottiglie vendute nel 2009, ha alle spalle una spiegazione scientifica sorprendente. Massimo Delledonne e Mario Pezzotti – i 2 ricercatori del Centro di Genomica Funzionale dell’Università di Verona – hanno scoperto come la bacca di Corvina attivi dei geni unici proprio nella fase di appassimento. Dalle sequenze del DNA prelevate (quasi 60 milioni), l’Università di Verona ha assemblato 479 geni fino ad oggi sconosciuti alla comunità scientifica. Oltre a ciò, rivela la ricerca sostenuta da Fondazione Cariverona e Orvit , Società per la valorizzazione dei vini veronesi (F.lli Bolla, Gruppo Italiano Vini, Masi, Pasqua e Sartori), è stata notata una minuscola inserzione che trasforma una sequenza inattiva in Pinot nero in un gene perfettamente funzionante in Corvina, gene che ben rappresenta la peculiare complessità del processo di maturazione di questo pregiatissimo vitigno. La ricerca ha inoltre scoperto che l’ appassimento (fase in cui i viticoltori della zona adagiano le uve nei fruttai in collina per 3-4 mesi) non consiste in una semplice disidratazione, ma risulta essere un articolato processo biologico nel quale si attivano ben 415 i geni, incaricati di fronteggiare lo stress di appassimento e di controllare la produzione di aromi e metaboliti secondari responsabili del sapore e del bouquet dell’Amarone. Da qui, i geni specifici come il Beta amirina sintasi, la strictosinidina, la delta cadinene sintasi, geni che conferiscono proprietà e aromi particolari al vino, come quello di liquirizia e i geni che codificano per la biosintesi del resveratrolo.
Ricerca scaligera – La ricerca, messa a disposizione del territorio e dei produttori veronesi, apre la strada ad un approccio sempre più innovativo nella gestione del prodotto in vigna e in cantina. “L’obiettivo – affermano i titolari della scoperta, Massimo Delledonne e Mario Pezzotti, rispettivamente del Dipartimento Biotecnologie e del Dipartimento di Scienze, Tecnologie e Mercati della Vite e del Vino dell’Università di Verona – è consegnare alla realtà produttiva veronese e al suo territorio uno strumento utile per un’attività fondamentale del nostro made in Italy. Con questo strumento ad esempio sarà possibile monitorare l’attività del genoma nella sua interazione con l’ambiente e quindi di definire le condizioni ottimali per la coltivazione e la produzione di un’uva di qualità”.