Salute del consumatore e tutela dell’ambiente. Nel dibattito in corso sull’uso sostenibile degli agrofarmaci, sono questi gli obiettivi primari che secondo il Conaf, Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dottori forestali, è necessario tenere in considerazione riguardo alla direttiva comunitaria (pubblicata il 24 novembre 2009-CE n. 128), le cui linee guida sono proprio in questi mesi in via di definizione, e gli stati membri devono redigere i piani di azione nazionali e inviarli alla Commissione europea entro dicembre 2012. Di questo ha parlato Cosimo Coretti, consigliere Conaf con delega alla sicurezza agroalimentare, intervenendo a Lanciano (Ch) al convegno “Agricoltura sostenibile: nuovi scenari comunitari sull’impiego dei prodotti fitosanitari”, organizzato dall’Ordine dei dottori agronomi e dottori forestali della provincia di Chieti.
Il ruolo degli agrofarmaci – “Fondamentale – ha ricordato Coretti – è produrre senza compromettere le risorse, non esiste per questo una soluzione tecnica universale, ma attraverso sistemi e tecniche differenti è possibile migliorare la sostenibilità”. Non si può insomma compromettere il raccolto bandendo del tutto l’utilizzo degli agrofarmaci. Sono indispensabili per proteggere le piante dalle malattie, ma devono essere utilizzati in modo intelligente e sostenibile. “Ci vuole allora – ha sottolineato Coretti – una strategia innovativa che sia economizzatrice degli agrofarmaci e che utilizzi prodotti alternativi, che deve essere attivata entro il 2014”.
Le agrofarmacie di campagna – Una soluzione pratica proposta dal Conaf sono le agrofarmacie di campagna: l’agrofarmacia – spiega il Conaf – è un concetto mutuato dalla farmacia tradizionale, ovvero l’unico luogo dove è possibile vendere gli agrofarmaci e dove, per poterli vendere, deve essere presente un consulente abilitato, con le necessarie competenze professionali, che prescriva una ricetta. “Ma il processo decisionale che porta alla vendita dell’agrofarmaco – ha aggiunto Coretti – deve essere effettuato in campagna dopo un accurato sopralluogo del consulente, che, una volta valutata la patologia in atto e l’ambiente circostante, consiglia il miglior intervento di lotta, anche non chimico, e quindi ne prescrive, in “ultima ratio”, l’agrofarmaco migliore”. La normativa attuale, infatti, regola – sottolinea il Conaf – sia l’impiego dell’agrofarmaco e sia la residualità. Il vantaggio per l’agricoltore è quello di avere la certezza che il suo prodotto sarà sicuramente vendibile sul mercato, sarà salubre per il consumatore e nel pieno rispetto dell’ambiente. “Aumenta così la sicurezza alimentare per i consumatori – ha proseguito Mario Di Pardo, presidente dell’Ordine di Chieti -, in relazione all’impiego e residualità dell’alimento stesso. Sul mercato agrofarmaceutico sono presenti prodotti fitosanitari che hanno principi attivi che intervengono su alcune colture (esempio pero, melo e peperone) e prodotti che intervengono su altre (esempio vite, pomodoro, arancia, prezzemolo)”. Insomma, così come il medico prescrive nella ricetta un medicinale per la tosse ed uno differente per il raffreddore; così il dottore agronomo, il medico della terra, potrà prescrivere un agrofarmaco per il pero ed un altro per Il pomodoro.
Il ruolo dell’agronomo – La direttiva – afferma il Conaf – richiede quindi un salto di qualità in termini di formazione e miglioramento delle capacità degli utilizzatori professionali (agricoltori) nelle scelte da compiere a livello di gestione ed organizzazione della propria azienda. “In quest’ottica, la nostra figura professionale – ha aggiunto Coretti -, risulta essere certamente l’interlocutore principale, per competenza e specificità (adeguata formazione di base e obbligo di formazione permanente) nonché la figura centrale di un sistema innovativo ed in linea con le nuove esigenze del mercato in termini di qualità dei prodotti alimentari auspicata dal consumatore”.