Ismea rende noto che nel mese di giugno 2010 l’indice dei prezzi alla produzione delle commodity agricole calcolato in base 2000=100, si è attestato a 116,2, registrando un aumento dell’8,6% rispetto a maggio e del 7,3% rispetto a giugno 2009. L’indice relativo alle coltivazioni guadagna il 9% sul pari periodo dell’anno scorso per i rincari della frutta fresca e secca (+28,1%, anche se va ricordato che nel giugno 2009 l’indice aveva registrato un -21,7% sul 2008) e degli ortaggi e legumi (+16,3%). Variazioni positive, sempre nel confronto tendenziale, anche per l’olio d’oliva (+8,4%) e per i tabacchi secchi e lavorati (+5,7%), mentre i cereali cedono il 10,2% (in particolare frumento duro e risone), le sementi e colture industriali il 7,7% e il vino non mostra variazioni degne di nota. Nel confronto su base mensile, guadagnano gli ortaggi e legumi (+7%) e in maniera più lieve i cereali (+2,1%), mentre gli altri settori risultano sostanzialmente stabili. La variazione congiunturale riscontrata per la frutta fresca e secca, a causa della metodologia di calcolo dell’indice che prevede panieri e ponderazioni variabili mensilmente, non rispecchia le sole variazioni di prezzo e quindi risulta non indicativa (a giugno, infatti, entrano nel paniere alcuni prodotti stagionali, come albicocche, nettarine, pesche, susine e uva da tavola, mentre esce il kiwi).
Zootecnia – Anche il comparto zootecnico, secondo le elaborazioni dell’Istituto, ha registrato a giugno un rialzo dei prezzi sia su base congiunturale ( +0,9%) che tendenziale (+5,2%). I rialzi mensili più marcati hanno interessato le carni suine (+4,7%), i volatili domestici (+4,6%), gli ovi-caprini (+2,8%) e i conigli (+2,2%). In flessione congiunturale, i bovini e bufalini (-0,6%), stabili invece i prezzi dei lattiero caseari. Il confronto su base annua evidenzia un aumento dell’indice particolarmente sostenuto per i lattiero caseari (+12,8%, grazie ancora una volta alla crescita delle quotazioni del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano), e più lieve per le uova (+4,5%), mentre le carni cunicole (conigli) cedono il 5,5% e i bovini e bufalini l’1,6%. Per le altre categorie della zootecnia non sono state rilevate variazioni tendenziali significative.