Dalle Regioni è venuta una importante ed unanime assunzione di responsabilità contro il biotech nei campi. E’ dunque tracciata la linea italiana al Ministro delle Politiche Agricole Giancarlo Galan che a questo punto dovrebbe aver ben chiara la posizione da tenere, anche in sede comunitaria. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini nel commentare positivamente il voto unanime degli Assessori regionali all’Agricoltura che hanno respinto il provvedimento sule linee guida nazionali sulla coesistenza tra coltivazioni geneticamente modificate, convenzionali e biologiche, nell’ambito del Comitato Agricoltura della Conferenza Stato/Regioni. Agli Assessori Regionali, a cominciare dall’ottimo coordinatore Dario Stefano, va – sottolinea Marini – il ringraziamento dell’agricoltura italiana per una sensibilità ed una attenzione su un tema dove a farla da padrone rischiano di essere le pressioni esercitate dagli interessi di pochi. E’ bene ricordare che, oltre alle Regioni, – continua Marini – già la Commissione Agricoltura del Senato si è espressa all’unanimità a favore della possibilità per l’Italia di vietare la coltivazione degli Ogm, che quasi 3 italiani su 4 non vogliono gli Ogm nei campi, che le Organizzazioni che rappresentano il 90 per cento degli agricoltori sono anch’esse contrarie.
Sì alla tipicità – Gli organismi geneticamente modificati (Ogm) spingono – sostiene la Coldiretti – verso un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico della tipicità, della distintività e del Made in Italy. La scelta di non utilizzare Ogm non è quindi il frutto di un approccio ideologico, ma riguarda una precisa posizione economica per il futuro di una agricoltura che vuole mantenere saldo il rapporto con i consumatori. Su questa strada l’Italia – continua la Coldiretti – non è certo da sola poiché dopo il divieto posto anche in Germania si sono ridotti a soli sei, su ventisette, i Paesi Europei dove si coltivano organismi geneticamente modificati (ogm) con un drastico crollo del 12 per cento delle semine. Il drastico crollo nei terreni seminati con organismi geneticamente modificati in Europa nel 2009 conferma che nel coltivare prodotti transgenici non c’è neanche convenienza economica. Il futuro della nostra agricoltura – conclude la Coldiretti – sarà nell’essere diversi e migliori e non omologati a quei sistemi produttivi che operano con strutture di costi per noi irraggiungibili. Il problema è non farsi copiare le nostre eccellenze e non replicare modelli che il mercato ha già abbondantemente bocciato.