Questo è l’intervento integrale del ministro Galan al Forum PAC che si è tenuto a Roma.
Cari amici, sono particolarmente soddisfatto per gli esiti di questa giornata di riflessione, e vi ringrazio vivamente per la vostra partecipazione ai lavori del forum. Questo scambio di opinioni sul futuro della PAC mi stava molto a cuore perché l’agricoltura italiana attraversa una fase estremamente delicata e le nostre scelte avranno un peso importante per il futuro delle imprese. Si è capito che stiamo per compiere scelte determinanti per il futuro dell’agricoltura italiana, soprattutto lo hanno capito le organizzazioni di tutto il mondo agricolo italiano che hanno compiuto un passo di importanza rara, riflettendo e convergendo su idee importanti per la buona gestione della PAC. In un Paese dove sembra impossibile dialogare, il mondo dell’agricoltura ha fatto molto, ma molto di più. Ho apprezzato molto il lavoro del Parlamento, le aperture dell’opposizione, il grande contributo fornito dalle Regioni.
Era necessario, dunque, confrontarsi sulle linee proposte dalla Commissione europea nella Comunicazione sul futuro della PAC. La mia valutazione sulla giornata di oggi è decisamente positiva: ho ascoltato interventi particolarmente qualificati ed ho registrato una sostanziale convergenza di opinioni intorno alle linee di azione che il nostro Paese dovrà seguire nel negoziato.
L’analisi – Negli ultimi anni l’economia mondiale è stata caratterizzata da una congiuntura particolarmente critica, che ha interessato tutte le aree geografiche e tutti i settori produttivi. L’agricoltura italiana non è stata risparmiata da un processo di crisi che ha inciso fortemente sui redditi degli agricoltori. Gli effetti della globalizzazione si sono cumulati all’impatto di una pesante recessione, mettendo a nudo alcuni limiti di competitività del nostro sistema produttivo, che è caratterizzato ancor oggi da un tessuto di piccole e medie aziende restie ad aggregarsi fra loro. La crisi mondiale non ha risparmiato nemmeno quell’ampio ventaglio di imprese, assai diffuse in Italia, che hanno puntato sulla qualità della propria produzione. E’ certo, al riguardo, che i nostri produttori continuano ad essere penalizzati anche dall’assenza di una normativa europea che renda trasparente l’origine dei prodotti. Oggi la fase più acuta della crisi sembra superata, ma dobbiamo trarre il giusto insegnamento da quello che è accaduto negli ultimi anni. Al riguardo la Commissione europea sembra aver ben compreso le criticità evidenziatesi e fornisce una analisi sostanzialmente condivisibile dello scenario attuale, anche se le soluzioni proposte non sempre appaiono adeguate e coerenti. Tuttavia, prima di entrare nel merito della Comunicazione della Commissione, credo necessario sottolineare un aspetto pregiudiziale. Tenendo ben presente la criticità del momento, in questa fase del processo di revisione della PAC tutte le Istituzioni e le Organizzazioni coinvolte non devono perdere di vista le due pietre angolari del negoziato: la difesa del budget agricolo e la corretta distribuzione delle risorse tra gli Stati membri. Certamente é fondamentale impostare una politica agricola europea che sia all’altezza delle prossime sfide. Tuttavia, prima di discutere delle linee su cui deve essere basata la PAC è proprio sul budget agricolo e sulla distribuzione delle risorse che deve essere concentrata la nostra massima attenzione. Senza un budget adeguato nessuna politica agricola potrà avere il peso e l’efficacia necessari per affrontare le sfide del prossimo futuro. Dunque, come molti di voi hanno già ricordato, la prima fondamentale questione è costituita dall’ammontare delle risorse che verranno destinate alla politica agricola all’interno del bilancio dell’Unione. Perché c’è la PAC? Sembra una domanda retorica, ma, per esempio, negli USA non c’è stata nessuna politica agricola fino a Bush senior. Se da un lato è scongiurato il pericolo che ci possa non essere la PAC, non è scontato che le risorse possano non essere ridimensionate. Questo sembra un pericolo più lontano di quello che appariva ieri, ma c’è sempre sullo sfondo. Voglio dare dei numeri come spunto di riflessione: parliamo di 6 miliardi di euro per il nostro Paese. 830.000 addetti nel settore. 1.290.000 PAC distribuite, con una media di 6.950 euro per addetto. Va tutto bene? Funziona un sistema con questi numeri? È il caso di riflettere su questi dati.
L’intero Governo resta estremamente vigile su questo tema, che ho voluto personalmente illustrare al Presidente del Consiglio ed ai colleghi in una riunione del Consiglio dei Ministri, unitamente agli altri aspetti del negoziato. Ma anche il miglior risultato negoziale sulla entità del budget agricolo potrebbe non essere sufficiente se le risorse non saranno correttamente ed equamente distribuite ai produttori europei. La distribuzione delle risorse tra i paesi membri è, per l’Italia, un punto nodale, perché una soluzione inadeguata avrebbe conseguenze estremamente pesanti per l’agricoltura italiana.
Ho già avuto modo di sottolineare in molte sedi gli aspetti tecnici di questa tematica ed è inutile tornarvi ora, tanto più che si tratta di un tema largamente evidenziato anche nel documento di lavoro di questo Forum. L’Italia versa il 13.5% a fronte del 10% che rientra. Il valore della produzione italiana è il 12.5% dell’UE, mentre il valore aggiunto è il 17%. L’Italia non accetterà mai ipotesi di suddivisione di budget basata sul principio dell’estensione territoriale e non sulla base della qualità e del valore aggiunto. Nemmeno se tale sacrificio fosse diluito in un lunghissimo lasso di tempo. Non farò come alcuni Ministri del passato che scaricavano sui successori le ricadute delle loro scelte. Occorre l’impegno di noi tutti affinché prevalga una chiave di riparto delle risorse equa e rispettosa delle esigenze dei nostri agricoltori.
Impresa agricola al centro della PAC – Nella Comunicazione sul futuro della PAC la Commissione europea evidenzia tre obiettivi principali della prossima politica agricola: la sicurezza degli approvvigionamenti alimentari, la sostenibilità ambientale dell’agricoltura, lo sviluppo dei territori. Io condivido ampiamente questi obiettivi che mi sembrano perfettamente rispondenti alle esigenze del momento storico ed alle richieste dei cittadini europei. Tuttavia è importante sottolineare che la centralità dell’impresa e della sua funzione di produzione non deve essere messa in ombra dagli aspetti connessi alla funzione ambientale svolta dagli agricoltori. Al centro della PAC deve restare l’impresa agricola come soggetto produttivo. Non dobbiamo mai dimenticare che l’agricoltura è una attività economica e che la sua mission principale resta ancor oggi la produzione e la fornitura di beni alimentari, in quantità e qualità idonee a soddisfare le esigenze della popolazione. Attorno a questo concetto di attività agricola si deve costruire una politica comunitaria che sia anche sostenibile dal punto di vista ambientale. Occorre certamente un impegno senza riserve per far sì che la PAC sia anche una politica virtuosa sotto il profilo ecologico; non ci può essere futuro per un’agricoltura che non rispetti il territorio e l’ambiente, ed al tempo stesso non ci può essere futuro per l’ambiente se anche l’agricoltura non apporta il suo fondamentale e vitale contributo. L’attività agricola è l’attività economica più vicina al territorio, e svolge un ruolo decisivo per conservare gli ecosistemi e per far fronte ai cambiamenti climatici. Una politica agricola comunitaria più verde è quindi imprescindibile per far fronte alle nuove sfide ambientali.
Sfide – Sfide che per essere affrontate devono porre al centro dell’attenzione il concetto di competitività, da associare evidentemente alle varie filiere. Molti hanno già ricordato quanto sia importante l’aggregazione dell’offerta, ma oltre alle filiere c’è, in ogni caso, l’importanza del valore storico, sociale, paesaggistico dei territori. Infatti, per rendere competitivo un territorio dobbiamo porre l’impresa agricola al centro dell’agrosistema, puntando sulla qualità delle nostre produzioni, sul paesaggio da cui queste produzioni provengono e quindi sulla possibilità e sull’opportunità di portare i consumatori direttamente a contatto con il “mondo” destinato all’agricoltura. La bellezza dei nostri paesaggi rurali è stata costruita nel corso del tempo, a crearla sono state generazioni e generazioni di contadini, di agricoltori, di tutti coloro, insomma, che hanno contribuito a mantenere e a conservare la bellezza naturale e paesaggistica che rende unica l’Italia, e nel renderla unica questa bellezza rappresenta il valore aggiunto più straordinario per le nostre economie agricole, forse, proprio per questo motivo, capaci di proporre incredibili eccellenze alimentari. Nelle immagini dipinte da Ambrogio Lorenzetti o da Cima da Conegliano o dal Perugino la gloria dei nostri paesaggi risulta evidente essere stata creata da chi, lavorando la terra, ne ha fatto un capolavoro, che nel sedurre i nostri grandi artisti continua a sedurre anche noi e lo stesso accadrà in futuro. E sono per davvero orgoglioso del fatto che il Ministero abbia curato e pubblicato un libro bellissimo intitolato “Catalogo dei paesaggi rurali storici italiani”, che fra pochi giorni sarà presentato qui a Roma. E qui viene bene il saluto ed il ringraziamento per la loro preziosissima opera alle donne e agli uomini del Corpo Forestale, meno di 8.500 uomini come mi piace ricordare sempre, delle Capitanerie di Porto e del Comando Carabinieri Politiche Agricole, quotidianamente impegnati a tutela dell’ambiente, dei territori, della qualità dei prodotti, della trasparenza di tutto ciò che giunge nei mercati o sulle nostre tavole. Tuttavia, gli strumenti che saranno scelti non dovranno essere solo efficaci per l’ambiente ma anche coerenti con le esigenze di semplificazione, che sono vitali per la PAC del futuro. La semplificazione della regolamentazione comunitaria è una richiesta accorata dei nostri agricoltori, alla quale dobbiamo dare risposta. Non dobbiamo dimenticarci che la competitività delle nostre aziende sui mercati internazionali deve essere implementata il più possibile, pena la sopravvivenza delle aziende stesse e del concetto di modello agricolo europeo. Non possiamo pensare ad una agricoltura europea competitiva senza pensare ad un alleggerimento e ad una semplificazione degli oneri che gravano sulle nostre imprese e che i competitor internazionali non sopportano. La PAC dovrà essere più semplice, ma anche più razionale e più giusta. Ecco perchè nel quadro della prossima riforma della PAC, occorrerà tener conto delle esigenze delle donne nelle zone rurali e del ruolo delle donne che lavorano in agricoltura, dando priorità all’accesso a determinati servizi e aiuti. E non sembri rituale l’accenno, a questo punto, all’imprenditoria giovanile, perché, sarà pure una colossale banalità, ma non può esserci alcun futuro soddisfacente per il nostro settore primario se questa non saprà attrarre giovani energie ad un modo di fare agricoltura allo stesso tempo sostenibile, moderno ed avanzato. Nel momento in cui confermiamo il nostro pieno sostegno ad un impianto fondato sui due tradizionali pilastri della PAC, dobbiamo sottolineare con forza che bisogna definire con estrema chiarezza la mission dei due pilastri, evitando qualsiasi duplicazione fra le due normative. Negli ultimi anni la regolamentazione comunitaria ha avuto la tendenza ad incrementare gli elementi di sovrapposizione tra i due strumenti, creando notevoli difficoltà applicative. Purtroppo questo orientamento è confermato dalla Comunicazione della Commissione, ove é prospettata l’introduzione di nuove soluzioni che rendono ancor più confusa la demarcazione dei due pilastri. Si tratta di una tematica rilevante, poiché essa condiziona negativamente tutto il quadro attuativo della politica agricola comune. La PAC del futuro dovrà essere anche più flessibile. Meno burocrazia, meno dirigismo, meno assistenzialismo: sono queste le parole chiave più importanti. 761.000 persone ricevono meno di 1.000 euro. 196.000 ricevono meno di 200 euro. Tutto ciò fa il bene del comparto? Non so quanti politici ed amministratori si sentiranno di togliere questo contributo, ci vorrà coraggio ed io ce l’ho.
Occorre, infatti, anche un ripensamento dei ruoli che la Commissione e gli Stati membri svolgono nell’attuazione della politica comune. E’ necessario mettersi alle spalle il rigido modello dirigistico che ha caratterizzato i primi 50 anni della storia della PAC. Oggi, in una realtà europea profondamente diversificata, è indispensabile accrescere la sussidiarietà, lasciando agli Stati membri una reale flessibilità nell’applicazione delle politiche, a partire dallo sviluppo rurale, ove la rigidità imposta dalle regole finanziarie finisce per penalizzare i paesi con programmazione regionalizzata. Il secondo pilastro é uno strumento essenziale per la competitività delle imprese e lo sviluppo dei territori ma, senza la dovuta flessibilità nella applicazione, rischia di essere un’occasione mancata e di non raggiungere completamente le finalità che si prefigge.
In sintesi – Nell’ambito di un quadro finanziario adeguato, la coerenza, la flessibilità e la semplificazione nelle strategie e negli strumenti sono i concetti chiave che dovranno pervadere ogni aspetto della futura politica comune se vogliamo avere un agricoltura competitiva che assicuri la sicurezza alimentare, la sostenibilità ambientale e lo sviluppo del territorio. Cari amici, rimettere in discussione la PAC in questa fase storica, così densa di preoccupazioni e di sfide per le imprese italiane ed europee, non ultima quella dell’immigrazione non controllata, è una opportunità irripetibile. Dobbiamo raccogliere questa sfida portando il contributo dell’Italia alla edificazione di una politica ancora più efficace. Io sono impegnato al massimo su questo fronte e, insieme, abbiamo la possibilità, oggi, di aiutare i nostri agricoltori a competere sui mercati europei ed internazionali come protagonisti. Dobbiamo essere coraggiosi nelle nostre scelte e difendere con energia le nostre posizioni. Per questo motivo è fondamentale che il sistema paese si presenti coeso a questo appuntamento. Sono convinto che saremo all’altezza di questo impegno e che sapremo dare un grande contributo per la costruzione di una politica agricola comune rispondente alle attese degli agricoltori e dell’intera società.