Caro-gasolio, costi record per le aziende in crisi

Il caro-gasolio non dà tregua alle imprese agricole. Tra mezzi di produzione (concimi, mangimi, sementi, antiparassitari e specialmente carburante), oneri contributivi e burocratici, il peso è diventato insostenibile. In soli due mesi (gennaio e febbraio) il “caro-gasolio” (con il petrolio che ormai sfiora i 120 dollari a barile) è costato all’agricoltura, ma soprattutto alle serre, un conto molto salato: oltre 5 milioni di euro. La denuncia viene dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori che rinnova la sua vibrante richiesta affinché vengano prese misure realmente incisive, a cominciare dall’“accisa zero” per il carburante agricolo. Un’agevolazione indispensabile che governo e maggioranza hanno completamente ignorato con il decreto “Milleproroghe”.

Scenario difficile – Ed è proprio la voce “energia” quella che in queste ultime settimane – avverte la Cia – sta incidendo in maniera drammatica sui bilanci delle aziende. Serre in testa. E la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente con le prossime operazioni primaverili in campagna, ma soprattutto con l’irrigazione e le grandi raccolte dei prodotti durante le quali aumenta considerevolmente il consumo dei prodotti petroliferi. Si preannuncia, quindi, uno scenario molto difficile per le imprese agricole che -rileva la Cia- vivono una stagione complessa, caratterizzata da una profonda crisi che ormai si protrae da più di tre anni. E sicuramente il quadro che si sta delineando a livello internazionale, con nuove forti tensioni sui prezzi del petrolio e delle materie prime, alimentate da quanto sta avvenendo nei paesi del Nord Africa, a cominciare dalla Libia, farà sentire ulteriormente effetti nefasti.

I numeri della crisi – Ma il fronte dei costi sta minando da tempo le basi dell’agricoltura italiana. Basti pensare che in cinque anni, dal 2005 ad oggi, si è assistito a rincari considerevoli. Per alcuni prodotti i prezzi pagati dall’agricoltore sono addirittura triplicati. Tra questi, soprattutto il carburante ha inciso in modo grave sulla gestione aziendale. Una situazione preoccupante che, sommata ai prezzi non remunerativi sui campi, diventa esplosiva e rischia di trascinare nel baratro migliaia di aziende che non riescono più a stare sul mercato. Nello scorso mese di dicembre – come conferma anche l’Ismea – il fattore costi produttivi ha segnato una nuova crescita: più 4,3 per cento nei confronti dello stesso periodo del 2009. Un aumento -rileva la Cia- sul quale ha influito pesantemente in particolare il rincaro dei prezzi dei prodotti energetici (più 4,6 per cento), dei mangimi (più 14 per cento) e dei concimi (più 4,1 per cento). Un trend negativo che ha avuto i suoi riflessi sui redditi che nel 2009 sono stati “tagliati” di oltre un quarto e che nello scorso anno hanno registrato un calo vicino al 6 per cento.Attualmente i costi produttivi – avverte la Cia – incidono nella gestione aziendale agricola, in media, tra il 60 e l’85 per cento per cento. Nel 2009 l’incremento di questi oneri, secondo le ultime stime, è stato del 9 per cento rispetto al 2008; mentre per il 2010 l’incremento dovrebbe oscillare tra il 5 e il 7 per cento. Non solo. A questi incrementi – rimarca a Cia – si devono aggiungere, nonostante la fiscalizzazione per le zone svantaggiate e di montagna, anche gli oneri previdenziali (in poco meno di due anni sono cresciuti del 26 per cento) e quelli di carattere burocratico. Costi onerosi che frenano drammaticamente le imprese, compromettendone la tenuta sul mercato e con un’incidenza negativa notevole sull’occupazione e la competitività.

 

Informazione pubblicitaria