Si sta completando in questi giorni, da parte delle province toscane, l’iter per la programmazione delle superfici destinate alla produzione di vini a denominazione d’origine, in base alla legge regionale 9/1999. La giunta fiorentina di Palazzo Medici Riccardi, sentite le organizzazioni professionali e i consorzi di tutela, ha deciso di bloccare le nuove iscrizioni agli albi del Chianti e del Chianti Classico per il prossimo triennio mentre, per il Vin Santo del Chianti e per i Colli dell’Etruria Centrale, le iscrizioni continueranno ad essere aperte. La scelta di congelare le quantità di prodotto per le due DOP, è stata in realtà obbligata vista l’ingente quantità delle giacenze di magazzino ancora invendute. E’ allora quanto mai opportuno capire le cause di questo calo delle vendite per pensare alle possibili soluzioni.
Il vino – A seguito di una contrazione dei consumi nei paesi del vecchio continente, negli ultimi 30 anni è stata vigorosa l’iniziativa comunitaria per limitare le superfici vitate e di conseguenza la produzione. Dal 1976, ad esempio, sono stati introdotti i diritti di reimpianto, per cui da allora non è possibile fare nuovi impianti senza che ne siano disfatti altri di eguale estensione. Inoltre, l’abbandono della coltura è stato incentivato dai premi all’estirpazioni destinati a chi disfaceva i propri vigneti. Infine, svariate crisi di mercato, tra cui ricordiamo quella seguita allo scandalo del vino al metanolo, hanno scoraggiato la coltivazione della vite. Il risultato è stato che, a fronte di un cospicuo ridimensionamento delle superfici vitate in Europa, altri paesi extra europei hanno sfruttato la situazione e sono riusciti, organizzando filiere efficienti, ad orientare i consumi e piazzare sul mercato la loro produzione. Strategia che ha evidenziato come la riduzione dell’offerta (praticata a livello europeo), non fosse l’unica soluzione per reagire al calo della domanda.
Nuovi investimenti – Adesso, per correggere questa tendenza, è necessario riaffermare il prodotto sul mercato con promozioni mirate e verificate negli obiettivi ed è indispensabile riequilibrare i pesi dei vari attori del settore assicurando redditività alla produzione. I nostri vini devono riconquistare valore nella percezione della gente, e per farlo sono necessari notevoli investimenti ed una strategia ben strutturata e dettagliata. Questi investimenti, per essere possibili, hanno bisogno di una massa consistente di prodotto, dell’unione dei produttori e del coordinamento delle istituzioni.
Recentemente, al Vinitaly, è stato dimostrato che il vino italiano sta riconquistando i mercati esteri e lo sta facendo, aggiungiamo noi, grazie a strategie commerciali finanziate quasi esclusivamente da chi sta a monte del comparto: i viticoltori.
Il futuro – Per questo, alle associazioni, spetta il compito di far sì che le imprese agricole abbiano un ruolo attivo nelle contrattazioni e non siano costrette ad accettare dictact dai loro stessi clienti.
L’obiettivo ultimo di queste operazioni dovrà essere la creazione dei presupposti per un aumento delle superfici vitate e di conseguenza del vino prodotto. La nostra viticoltura non può vivere di rimessa e, forte della tenacia dei suoi agricoltori, deve trovare la forza di espandersi e di riconquistare la posizione che gli spetta sul mercato mondiale.
da Dimensione Agricoltura, maggio 2011