Sollievo e soddisfazione ma anche proposte per ridisegnare il panorama energetico nazionale. Con questi termini Cia, Coldiretti e Confagricoltura hanno accolto il risultato del referendum su acqua pubblica e nucleare del 12 e del 13 giugno.
Referendum strumento di democrazia – “La volontà popolare ora va rispettata – così si è espresso il presidente della Cia, Giuseppe Politi -. L’acqua è un bene prezioso e il suo accesso va garantito a tutti. E’ un diritto fondamentale e inalienabile. E’ una risorsa pubblica che va restituita alla gestione collettiva e conservata per le future generazioni. Quanto al futuro energetico del nostro Paese, è indispensabile sviluppare fonti alternative come quelle rinnovabili, a cui l’agricoltura può dare un fattivo contributo”.
Acqua pubblica, vita per l’agricoltura – Acqua pubblica vista quindi come valore fondante e come motore per l’economia del settore primario: “Abbiamo sempre ripetuto che il bene-acqua non è una merce e non appartiene ai mercati, ma ai cittadini che devono farsene carico in maniera responsabile e solidale. L’acqua – ha proseguito Politi – è l’autentico motore dello sviluppo sostenibile e, soprattutto per l’agricoltura, rappresenta un elemento di primaria importanza. Senza l’acqua non c’è agricoltura. E senza l’agricoltura non c’è vita”.
Energia dai campi – Importane anche l’apporto che l’agricoltura può dare sotto il profilo energetico. E, sempre secondo la Cia, il risultato del referendum sul nucleare risulta emblematico in tal senso. “Quella dell’atomo non è l’unica energia possibile. Ci sono altre fonti alternative da sviluppare, alle quali proprio l’agricoltura può dare un notevole contributo, come nel caso delle biomasse, del fotovoltaico, dell’eolico. E quella da biomasse – ha rilevato il presidente della Cia – è un’energia a emissioni zero, ma anche economicamente competitiva. Un’opportunità importante anche per le aziende agricole che producono continuamente materia prima per l’industria di conversione energetica. Il pronunciamento dei cittadini nei referendum – ha concluso Politi – deve essere accolto come un preciso invito a sviluppare da subito tutte quelle fonti energetiche rinnovabili “verdi” che rappresentano la miglior strada percorribile, quella più sicura ed economicamente valida”.
Stop a speculazioni sulle rinnovabili – “La reazione immediata della borsa all’addio dell’Italia al nucleare evidenzia il rischio concreto di speculazioni nel settore delle rinnovabili che va attentamente monitorato per gli effetti che i grandi impianti possono avere sull’ambiente e sul territorio circostante”. E’ quanto afferma la Coldiretti, in riferimento ai risultati del referendum, nel sottolineare che, con lo stop al nucleare, la produzione di energia rinnovabile rappresenta una necessità e una occasione di sviluppo, per il paese e per il settore agricolo.
Una globale ristrutturazione – “L’incremento della produzione di energia rinnovabile, deve avvenire – precisa ancora la Coldiretti – garantendo il minor consumo possibile di territorio ed il riutilizzo di aree già degradate da attività antropiche. Per quanto riguarda gli impianti destinati all’inserimento in aree agricole, occorre prevedere – conclude la Coldiretti – una vera e propria valutazione agronomica, oltre che territoriale, per verificare la compatibilità con il sistema produttivo locale e rispettare gli equilibri dell’attività agricola nel tempo”.
L’incontro – Per parlare di tutto questo si è tenuto oggi (martedì 14 giugno) il forum sul "Futuro energetico dell’Italia” organizzato dalla Coldiretti a Venezia con rappresentanti delle Istituzioni, operatori economici ed esperti sul tema delle energia, avvalendosi di illustri relatori quali il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, il presidente della Coldiretti, Sergio Marini, il presidente dell’Ispra, Bernardo De Bernardinis, il vicepresidente di Enel Green Power, Roberto Deambrogio, il delegato energia e ambiente dell’Università La Sapienza di Roma, Livio De Santoli, la conduttrice televisiva Licia Colo’ e il presidente della Commissione Agricoltura del Senato, Paolo Scarpa.
Agricoltura, fonte d’energia – La campagna italiana potrà contribuire sensibilmente alla rivoluzione verde delle nostre fonti energetiche. Lo sottolinea Confagricoltura citando i risultati del Rapporto sulle bioenergie in Italia realizzato con Nomisma. Argomento più che mai di attualità, dopo i risultati del referendum sul nucleare, che riportano in primo piano lo sviluppo delle energie rinnovabili. Secondo l’indagine, le potenzialità del settore agricolo sono enormi: con il solo ausilio di colture dedicate, scarti colturali e residui zootecnici sarà possibile arrivare a fornire sino al 20% dell’energia rinnovabile prevista nel 2020.
L’analisi – “Occorre aumentare l’efficienza dei processi produttivi, promuovendo l’uso dei sottoprodotti agricoli, evitando interpretazioni restrittive della normativa ambientale vigente e favorendo così l’equilibrio tra produzioni food e non food”. In questi termini si è espresso in merito Mario Guidi, presidente di Confagricoltura. Sempre secondo lo studio condotto insieme a Nomisma, sono due gli scenari futuri possibili. Lo scenario definito “ottimistico” prevede lo sfruttamento della metà delle potenzialità rinnovabili in agricoltura. Una quota che garantirebbe al settore non solo l’autosufficienza energetica, ma addirittura la possibilità di creare valore, in un’ottica di “burden sharing” tra settori produttivi. In questo caso la produzione di energia varrà quasi il 20% dell’energia verde prevista in Italia nel 2020, con 4,2 mtep (ovvero 4,2 milioni di tonnellate di petrolio) e il 128,8% di energia verde sul totale del consumo agricolo. Il quadro “pessimistico” definito da Nomisma prevede lo sfruttamento di solo un quinto del potenziale teorico, ma produrrebbe comunque una performance energetica mille volte superiore a quella attuale. In questo caso il risultato sarebbe equivalente a 1,7mtep, un dato che arriverebbe a coprire circa la metà dei propri consumi (e l’1,2% dei consumi finali nazionali). Tra le criticità riscontrate dallo studio, quelle di carattere politico, in particolare la mancata attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 28/11 in materia di incentivi per le biomasse e il biogas, in modo da dare stabilità e certezza al quadro normativo.