A giugno prosegue la corsa degli alimentari, che aumentano del 3 per cento tendenziale, con una lieve accelerazione rispetto a maggio quando, sfiorando quota più 2,9 per cento, si è toccato il valore più elevato da quasi due anni. Ma alle aziende agricole l’incremento dei prezzi al consumo non porta né aiuto né profitto, mentre il settore continua ad accusare gli effetti del “caro-energia” che accresce notevolmente i costi di produzione. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati provvisori sull’inflazione diffusi oggi dall’Istat.
Le cause dei rincari – Il “boom” del gasolio, che a giugno si attesta al più 14 per cento annuo, continua a spingere in alto le spese di trasporto -spiega la Cia- determinando i rincari al supermercato di cibo e bevande: non bisogna dimenticare che, per arrivare dal campo alla tavola, oltre 4 prodotti su cinque viaggiano su gomma. La conseguenza è che a maggio i listini degli alimentari volano: i prezzi dei prodotti lavorati crescono dello 0,4 per cento sul piano congiunturale e del 2,6 per cento su quello tendenziale -continua la Cia- mentre i prezzi dei prodotti non lavorati aumentano del 3,7 per cento annuo ma segnano una prima diminuzione rispetto al mese precedente (meno 0,4 per cento), grazie soprattutto al calo drastico dei prezzi dei vegetali freschi (meno 5,8 per cento).
Acquisti in calo – Intanto però, se l’inflazione cresce le famiglie italiane comprano di meno. Con un calo drastico dei consumi domestici. Secondo i dati Ismea -ricorda la Cia- la “cura dimagrante” della busta della spesa tocca praticamente tutti i comparti, con riduzioni significative soprattutto per frutta e agrumi (meno 8,7 per cento), prodotti ittici (meno 7,5 per cento) e lattiero-caseari (meno 6,3 per cento), carni bovine (meno 5,1 per cento), salumi (meno 2,7 per cento) e pollame (meno 1,9 per cento), ortaggi (meno 2,6 per cento) e derivati dei cereali (meno 1,4 per cento).