No alla tassa di soggiorno in Toscana, per non penalizzare gli agriturismi. Lo ribadiscono a gran voce Cia Toscana e Turismo Verde contrari all’introduzione della nuova tassa di soggiorno “perché – sostengono – rischia di appesantire ulteriormente la gestione delle attività agrituristiche con un aggravio di costi per i turisti”.
Un secco no – Una posizione che era già stata espressa nel documento approvato del 7 aprile scorso dall’assemblea regionale di Turismo Verde Toscana, nel quale si precisa “la contrarietà all’applicazione della tassa di soggiorno alle attività agrituristiche, chiedendo agli Enti locali una attenzione specifica nel quadro più generale di riforma della fiscalità locale, riconoscendo il ruolo positivo della multifunzionalità dell’impresa agricola e dei benefici pubblici che ne derivano e, infine, sollecitando una fiscalità locale a carico delle imprese agricole basata sui principi dell’equità e del contenimento degli oneri burocratici”.
Il commento della Cia Toscana – “Prendendo atto di quanto disposto dal decreto sul federalismo fiscale e dalla proposta di delibera in discussione in Consiglio Regionale – sottolinea Giordano Pascucci, presidente Cia Toscana – chiediamo che con la sua eventuale applicazione da parte dei Comuni in Toscana, oltre ad assicurare nuove entrate per garantire l’equilibrio di bilancio degli Enti locali, si operi per qualificare ulteriormente l’offerta turistica, compresa quella agrituristica, facendo particolare attenzione alle attività svolte in ambito rurale”.
Le due associazioni – Cia e Turismo Verde Toscana ribadiscono la necessità di considerare l’applicazione della tassa di soggiorno nell’ambito più complessivo della fiscalità locale e tenendo ben presente l’obiettivo di rafforzare – e non, al contrario, indebolire – la competitività del sistema regionale delle imprese, a partire da quelle svolte in ambito rurale.“In primo luogo, afferma Fabio Panchetti – presidente di Turismo Verde Toscana – chiediamo ai Comuni che intendono adottare la tassa di avviare un confronto preventivo con tutte le categorie economiche attive nella economia locale, a partire dalle Organizzazioni di rappresentanza del mondo agricolo ed agrituristico, e che con l’eventuale riconoscimento delle località turistiche e la costituzione degli “Osservatori turistici di destinazione” venga ricompreso anche il territorio rurale. Attenzione poi all’entità della tassa occorre un coordinamento ed equità per evitare di mettere fuori mercato attività, quali quelle agrituristiche che in alcune realtà sono il volano principale del turismo e dell’economia locale”.
Cosa fare – “Ed inoltre – conclude Pascucci – chiediamo ai Comuni che, per la gestione e la utilizzazione dei proventi derivanti dall’adozione di tale tassa si operi con una logica positiva di sistema, che contemperi le interazioni esistenti tra le diverse forme di turismo presenti nel territorio, riconoscendo al turismo legato alle attività agricole il ruolo che questo riveste investendo risorse adeguate non solo per accrescere la funzionalità dei centri storici ed urbani, ma anche per valorizzare gli ambiti rurali potenziando le infrastrutture. A partire dalla copertura effettiva con la banda larga, la mobilità pubblica, la viabilità minore ed i servizi civili, sociali e sanitari rivolti alle comunità locali”.