“Siamo ovviamente sconvolti dalle immagini diffuse da Greenpeace che mostrano un animale in via di estinzione ucciso a causa della deforestazione. Ma ancora una volta l’associazione ambientalista ha voluto creare un accostamento incomprensibile e assolutamente improprio tra ciò che avviene nelle foreste indonesiane gestite dalla multinazionale APP e le attività del Pefc, rendendosi responsabile di una serie di scorrettezze e falsità estremamente gravi, al limite della diffamazione”. E’ il duro commento di Antonio Brunori, segretario generale del Pefc Italia, in merito al comunicato diffuso nel pomeriggio da Greenpeace. “Del tutto infondata è inoltre l’affermazione secondo cui la carta certificata Pefc potrebbe contenere fibre di cellulosa proveniente dalle zone incriminate”.
Nessun legame con la Pefc – “Mi trovo, come nei mesi scorsi, di nuovo costretto a ribadire che non esiste e non è mai esistito alcun collegamento tra Pefc e le foreste indonesiane incriminate, che non sono mai state certificate secondo lo schema Pefc. E infatti Greenpeace, sebbene stimolata a farlo nei mesi scorsi, non ha mai potuto esibire un solo documento che provi il contrario. Mostrare una tigre morente e chiamare in causa la certificazione Pefc è semplicemente assurdo”, prosegue Brunori, che, con l’occasione, spiega anche il funzionamento dei sistemi di certificazione: “Pefc non è un organismo di certificazione, bensì un organismo di normazione come la ISO. Definisce cioè uno standard di certificazione per il settore forestale che deve essere rispettato dalle aziende che vogliono essere certificate. Le verifiche sull’effettivo rispetto degli standard vengono invece effettuate da Organismi di certificazione, terzi e del tutto indipendenti rispetto a Pefc, che rilasciano il certificato di conformità agli standard. Quindi le affermazioni del responsabile Foreste di Greenpeace, Chiara Campione, sono un evidente caso di disinformazione. Pefc non certifica alcuna azienda, né tantomeno in Indonesia, dove il PEFC non esiste”.
Strumentalizzazione – Rimane il fatto che, più volte, Greenpeace ha voluto accostare App e Pefc: “La App ha ottenuto un certificato di tracciabilità per la carta che contiene fibre provenienti da piantagioni certificate, secondo lo schema Pefc, in Cile. Ma essendo l’azienda asiatica sotto accusa per le proprie attività in Indonesia e Sumatra, l’accostamento è solo un subdolo tentativo di mettere in cattiva luce il Pefc e per biasimare le aziende virtuose che scelgono questo schema per i propri prodotti. Una scelta che di certo – conclude Brunori – non aiuta la diffusione dei prodotti certificati né le politiche di gestione sostenibile del patrimonio forestale mondiale”.
La rabbia di Greenpeace – “Siamo offesi e indignati per l’ennesimo attacco falso e tendenzioso da parte di Greenpeace contro la nostra organizzazione. Nel comunicato di Green peace si legge che l’operato del PEFC è stato criticato da varie organizzazioni ambientaliste: è vero, ma solo da quelle che, come Greenpeace, hanno creato e appoggiano il sistema di certificazione forestale antagonista, cioè FSC. Qualsiasi persona intelligente capisce che questa operazione ha delle motivazioni poco legate alla protezione delle foreste e che è dissennato disperdere tante energie nella guerra tra sistemi di certificazione delle foreste quando purtroppo solo il 10% delle foreste nel mondo sono certificate (2/3 secondo standard Pefc e 1/3 secondo standard Fsc).