Crisi del girasole in Toscana. Il fiore che tradizionalmente abbellisce le campagne di Pisa, Arezzo, Siena, Firenze e Livorno è sempre meno presente nelle campagne toscane. “Non ci sono più i picchi di un tempo – spiega Marco Failoni, tecnico della Cia Toscana -. Prima le coltivazioni di girasole si aggiravano introno ai 70 mila ettari, mentre oggi, dopo il “disaccoppiamento della Pac”, la produzione può arrivare ad un massimo di 20 mila ettari in tutto il territorio regionale”.
Dal 2005 – L’episodio cui Failoni fa riferimento è datato 2005 quando, con l’entrata in vigore della nuova Pac, l’Unione Europea stabilì che i premi destinati alle produzioni agricole non andavano più spartiti solo in base agli ettari di coltivazione ma anche secondo le specificità delle colture. Da quel momento il girasole, utilissimo per la produzione di olio vegetale, mangimi ed anche di biodiesel, è caduto un po’ in disuso in Toscana. La stessa produzione di biodiesel non sembra avere aiutato nell’incentivare questa coltura. “Il biodiesel subisce forti oscillazioni sul mercato – continua Marco Failoni – e la coltivazione del girasole risulta instabile e suscettibile a varie speculazioni da parte del mercato. Risulta quindi molto difficile fare programmazione in questo settore”.
Costi di produzione – A questo fattore di difficoltà va aggiunto l’elevato costo di produzione, per il biodiesel e in generale per la lavorazione girasole. Un prodotto che si connota comunque per delle rese non elevatissime che si aggirano tra i 18 e i 20 quintali per ettaro e dei costi di lavorazioni che possono toccare anche i 40 euro per quintale per la produzione di biodiesel. Fattori questi che hanno scoraggiato molti agricoltori a investire sul girasole.
Diversificazione delle colture – L’unica via potrebbe essere la diversificazione e l’abbattimento dei costi di produzione. “Per l’agricoltura toscana l’unica soluzione è diversificare le produzioni, integrando le coltivazioni del girasole con quella ortofrutticola. In questo modo non solo si garantirebbe, tramite rotazioni, una maggiore fertilità e resa dei terreni – conclude Failoni -, ma anche una maggiore tutela dell’ambiente e della natura”.