Un panino su quattro in Italia è made in Romania o Bulgaria. La polemica è scoppiata nei giorni scorsi dopo la denuncia di Luca Vecchiato, presidente nazionale di Federpanificatori, secondo cui essendo preimpastato e surgelato, il pane rumeno costa di meno (meno della metà) e dura di più, anche fino a due anni. Basta una rapida cottura e si può mangiare.
Consigli per gli acquisti – Una denuncia a cui risponde oggi Primo Mastrantoni, il segretario dell’Aduc (Associazione per i Diritti degli Utenti e Consumatori) con alcuni consigli per i consumatori. “Oggi spesso i consumatori masticano qualcosa che assomiglia ad un prodotto gommoso e privo di sapore – spiega -. C’e’ pane e pane, ovviamente, e questo dipende dalla qualità del prodotto base, cioè dalla farina, dall’acqua e dal lievito, nonché dalla macinazione, lievitazione e cottura. Una farina con scarso glutine è di minore qualità, il lievito può essere chimico e può lasciare un sapore sgradevole al pane, l’acqua di pianura può contenere residui chimici che interferiscono con il gusto, il macinato dovrebbe essere lasciato maturare per un mese ma viene trattato con "maturanti" chimici che ne diminuiscono la qualità, la lievitazione forzata da’ luogo a odori sgradevoli, una cattiva cottura produce un pane di color chiaro decisamente meno saporito di uno scuro. Insomma tutti questi elementi contribuiscono o meno alla qualità del nostro "pane quotidiano". Il consumatore dovrebbe indirizzare il mercato verso la produzione di un prodotto di qualità – aggiunge Mastrantoni – ma spesso la fretta, l’ignoranza e la scarsa informazione vincono. Insomma non basta più dire "pane cotto nel forno a legna" (gia’, quale legna?) ma sarebbe indispensabile fornire al consumatore le informazioni per scegliere. Con W, per esempio, si indica la qualità della farina che per un buon pane dovrebbe essere superiore al numero 350”.