Ogni giorno i cinghiali e gli altri ungulati si “mangiano” oltre 10mila euro di colture agricole toscane. Che in un anno fa circa 4 milioni di euro di mancato fatturato per il settore agroalimentare. Un dato shock per la Cia Toscana, che oggi a Firenze ha presentato il Dossier dettagliato sull’emergenza ungulati che colpisce l’agricoltura regionale. Scorribande di cinghiali in Maremma; fiumi di caprioli nelle campagne senesi e perfino i mufloni all’isola del Giglio a devastare i vigneti; boschi distrutti dai cervi nelle montagne pistoiesi (con gravi danni ambientali oltre che economici); insomma, le campagne e le coltivazioni della Toscana sono sotto assedio: 300mila cinghiali (sono la metà secondo i dati della Regione); 153mila caprioli, 8.800 daini, 3.600 cervi e 2.500 mufloni. A cui si aggiungono le crescenti predazioni di lupi e capi selvatici alle greggi, soprattutto in Maremma, e i danni provati dalle tante specie non cacciabili. E ancora, i rischi per la sicurezza stradale (1,5 incidenti al giorno di media causati dai selvatici), e i rischi sanitari poiché gli animali sono portatori di parassiti e malattie infettive. Non basta questo quadro per dichiarare lo stato di emergenza?
Pascucci, presidente Cia – «Nella discussione in atto sul Piano faunistico venatorio regionale – ha sottolineato il presidente della Cia Toscana, Giordano Pascucci – è necessario promuovere un piano che segni una netta discontinuità con il passato attraverso un nuovo progetto di gestione faunistica 2012-2015. Pianificare vuol dire elaborare un progetto che parte dall’individuazione e quantificazione dei problemi per definire gli obiettivi da raggiungere, e quelli intermedi; le azioni da mettere in atto, le modalità di verifica dei risultati. Se non si indica la strada – ha aggiunto il presidente Cia -, se non si guida il percorso è del tutto inutile mettere dei numeri». Se su un terzo del territorio regionale, fatto di aree protette e istituti faunistici, non si interviene drasticamente, sono inutili tutti gli sforzi. Queste aree continueranno ad essere un comodo rifugio per gli ungulati. E poi fra le richieste della Cia Toscana si chiede di operare una drastica riduzione delle aree vocate; pianificare le azioni per raggiungere le densità sostenibili nelle aree vocate e eliminare gli ungulati nelle aree non vocate; quindi abbattere i danni attraverso un maggiore impegno per la prevenzione dei danni; garantire il pieno risarcimento dei danni subiti dall’agricoltura; e gestire tutta la fauna, anche le specie non cacciabili. «Dalla Regione Toscana – ha proseguito Pascucci – vogliamo indirizzi chiari. La Regione dopo aver adeguato negli scorsi anni le norme di Legge in materia di gestione faunistica, dotandosi di strumenti finalmente idonei ad una gestione efficiente, è chiamata oggi, con il Piano Faunistico Venatorio Regionale, a dare attuazione piena a quelle norme, muovendosi con determinazione per riportare in equilibrio la fauna selvatica, oggi fuori controllo in molte aree, e garantire la sostenibilità dell’agricoltura. Per fare questo occorre discontinuità e, – ha detto – coraggio nelle scelte, determinazione nella loro attuazione».
DANNI PER PROVINCE – Nel 2010 Arezzo è stata la provincia con più danni all’agricoltura (con 357.915 di euro di risarcimento dalla Regione Toscana) seguita da Siena con 351.237 €; quindi il tandem Grosseto (235.648 €) e Firenze (234.066 €); segue Livorno con 139.657 euro di danni e a distanza Pistoia (98.118 €); Massa Carrara (73.566 €); Pisa (54.321 €); Livorno (36.966 €); Prato (8.654 €). Per un totale di 1.590.148 euro nell’ultimo anno – secondi i dati ufficiali della Regione Toscana -, una cifra, secondo la Cia Toscana, molto lontana dalla realtà perché non comprende i danni derivanti da predatori (canidi e lupi) e da altre specie non cacciabili in crescente aumento (piccioni terraioli, gabbiani); i danni alla selvicoltura (che non rientrano tra quelli soggetti a risarcimento); i danni non denunciati dagli agricoltori (spesso per lungaggine iter burocratici) ; le mancate semine dei terreni maggiormente soggetti alla pressione faunistica; le numerose situazioni di contenzioso giacenti o in corso di trattazione. E inoltre – aggiunge la Cia Toscana – c’è da considerare la frequente sottostima del danno, accettata in via transattiva dal produttore pur di non aprire contenziosi e la valutazione del prodotti destinati alla trasformazione, per i quali oltre al valore della materia prima l’agricoltore deve considerare la perdita di valore aggiunto del prodotto trasformato. Dal 2005 al 2010 la palma di provincia più danneggiata dai danni degli ungulati è Siena con 2milioni e 734.803 euro di risarcimenti ottenuti, con il 2007 annus horribilis con danni per 664.014 euro.
Territori – A livello territoriale – secondo l’indagine della Cia provincia per provincia – è stata registrata la massima concentrazione di ungulati in prossimità di aree protette e istituti faunistici. Ecco dove sono le densità di popolazioni più rilevanti: Arezzo – tutti i comuni del Casentino; Firenze – Firenzuola, San Godendo e Mugello in genere. Area del Chianti, con un peso rilevante dei danni; Grosseto – presenza diffusa in tutta la provincia, con situazioni gravi nelle aree prossime a parchi e riserve; Livorno – è la provincia con maggiore incidenza di aree protette (33%). Diffusione su tutto il territorio, grave la situazione all’Isola d’Elba; Lucca – area Oltreserchio del comune di Lucca, Capannori (Compitese), colline di Camaiore, Valle del Serchio, Garfagnana; Massa Carrara – area della Lunigiana; Pisa – Alta Val di Cecina, Monti pisani, Aree contigue al Parco di San Rossore; Pistoia – Area montana del comune di Pistoia, appennino pistoiese, pianure pedemontane; Prato – comuni della Val di Bisenzio; Siena – comuni del Chianti, Val d’Elsa, Val di Merse e Montagnola, Val d’Orcia, Montalcino, Montepulciano, Murlo, Sinalunga.
INCIDENZA PER UNGULATI – Il cinghiale rappresenta il principale protagonista dei danni all’agricoltura (66,31% sul totale), ma occorre sottolineare il crescente peso degli altri ungulati, ancor più se si considerano i danni alla selvicoltura. Nell’ultimo quinquennio (2005-10) i cinghiali hanno provocato 7milioni e 285mila euro di danni all’agricoltura toscana; seguono i caprioli con 1.128.120 euro; i cervi con 309.188 euro; i daini con 266.464 euro, altri ungulati non definiti per 85.766 euro e i mufloni per 5 mila euro di danni.
COLTURE DANNEGGIATE – A subire le maggiori conseguenze dei danni sono i cereali (34,09% del totale dei danni), che con le protoleaginose 12,21% (es.girasole) e le foraggere (8,79%) rappresentano il 55,09% dei danni riconosciuti; seguono i vigneti con oltre il 25,81 % (compresa l’uva comune); fruttiferi con il 4,68%; colture orticole 3,53%; olivo 2,49%; danni a strutture 1,95%; castagne 1,73; prodotti vivaistici 1,24% e i restanti danni riguardano le leguminose e altre colture.
INCIDENTI STRADALI CAUSATI DAI SELVATICI – A testimoniare l’incremento demografico delle popolazioni di animali selvatici, ungulati in primis, e dell’allarme sociale che la loro presenza crescente determina, è l’aumento degli incidenti stradali provocati dalla fauna selvatica: si è passati dai 188 incidenti in Toscana nel 2001; ai 358 nel 2003 fino ai 482 del 2008 e 474 del 2009.